Non gliene passa
una, al povero Gigetto Di Maio. Ogni volta che fa una proposta ai suoi, arriva
quel cavolo di Rousseau e gliela smonta. Stavolta Gigetto aveva pensato bene di
evitarsi l’ennesima figura barbina elettorale non partecipando alle prossime
due tornate amministrative. Non era un’idea stupida, era solo un po’ infantile,
ma poteva funzionare. In sostanza Gigetto, con la scusa di preparare gli “stati
generali”, concetto che richiama situazioni antiche che hanno portato al
distacco di molte teste dai rispettivi corpi, svicolava dalla prossima
inevitabile disfatta e manteneva in qualche modo il suo peso politico nei
confronti di uno straripante PD che, dimentico di aver negato la valenza delle
elezioni intermedie a livello politico e di aver sempre dichiarato che contano
solo i numeri in Parlamento, comincia a fare la voce grossa a seguito del
vantaggio elettorale guadagnato sull’alleato grillino in Umbria. Ma gli ha
detto male anche stavolta, a Gigetto, e deve di nuovo sottostare alla volontà
politica di quattro scalmanati che hanno votato sulla piattaforma privata di
Casaleggio e annunciare urbi et orbi che il Movimento parteciperà alle prossime
elezioni e correrà da solo. A parte il suicidio politico a cui il M5S va
incontro, da tutta questa grottesca vicenda si evince (ma non ce n’era bisogno)
che Di Maio è il leader di niente. Fa un po’ tristezza…
Luca
Craia