Tutto nasce dal
cosiddetto “scudo penale”, norma nata nel 2015 quando l’ILVA andò in
amministrazione straordinaria preludendo alla chiusura. Con lo scudo penale si
intendeva mettere al sicuro i commissari chiamati ad amministrare l’azienda
nella situazione straordinaria, sia gli eventuali futuri acquirenti, dalle
conseguenze penali derivanti dal sequestro dell’area a caldo avvenuto nel 2012,
sequestro che implicava pesanti ripercussioni a livello penale per le gravi
violazioni e gli immensi danni ambientali causati dall’azienda fino a quell’epoca.
In sostanza si voleva evitare che gli amministratori attuali dovessero pagare
le conseguenze penali di azioni svolte dalle passate amministrazioni. In questo
modo si apriva anche la possibilità a nuovi acquirenti di farsi carico dell’azienda
senza rischi penali pregressi, cosa che agevolò l’offerta di diverse aziende,
tra cui quella che, attualmente, ha in mano l’ILVA, la ArcelorMittal e che si
propose l’acquisto anche in virtù dello stesso scudo penale. Se da un punto di
vista strettamente di principio lo scudo poteva essere visto come un
ingiustificato vantaggio per gli amministratori dell’azienda, dall’altro lato
poneva le condizioni perché l’ILVA potesse essere salvata e, con essa, le
decine di migliaia di posti di lavoro connessi direttamente e indirettamente
alla sua esistenza.
Il Movimento 5
Stelle ha sempre visto negativamente lo scudo penale, interpretandolo, appunto,
come un indebito vantaggio, tanto che, con il Decreto Crescita, uno degli
ultimi atti del Governo Conte Primo, la norma veniva abrogata, scatenando fin
da subito l’ira di ArcelorMittal che minacciò di abbandonare l’ILVA già dallo
scorso settembre. Di Maio, allora Ministro per lo Sviluppo Economico, corre ai
ripari e modifica il decreto reintroducendo lo scudo in maniera modificata,
ossia con le immunità a scadenza progressiva, secondo un cronoprogramma che
stabiliva i tempi per effettuare i lavori di risanamento ambientale. La
modifica, però, non piace a un drappello di Senatori del Movimento 5 Stelle,
tra cui il Ministro per il Sud del Governo Conte Primo, Barbara Lezzi, con un
emendamento specifico, blocca lo scudo e fa passare il decreto senza immunità
per l’ILVA. Il Movimento 5 Stelle canta vittoria, in barba al proprio capo
politico, e dichiara di aver ristabilito la legalità. Del resto, per molti
pentastellati, tra cui, appunto, l’ex ministro Lezzi, l’ILVA è da chiudere. A
questo punto la ArcelorMittal getta la spugna e si giunge alla situazione
attuale.
Luca
Craia