I leader si dimettono
quando prendono atto di aver fallito nel loro progetto. Che progetto avesse in
mente Di Maio rimane oscuro, ma è chiaro che ha fallito, qualsiasi cosa volesse
fare. Molto probabilmente l’attestato del suo fallimento arriverà domenica sera,
a urne chiuse in Emilia Romagna. Ed è qui che si conclama il poco spessore di
questo personaggio politico che alla politica ha dato così poco ma che è
riuscito a sgretolare una forza che era riuscita a superare il 30% dei consensi:
si è dimesso preventivamente, prima ancora di affrontare la conseguenza del suo
agire, una sconfitta che pare scritta sulla pietra.
Di Maio non ha
massacrato il Movimento 5 Stelle, semplicemente l’ha lasciato massacrare. Ha
lasciato che il PD lo fagocitasse, nella smania di evitare di essere fagocitato
dalla Lega. Ha lasciato che il Movimento perdesse la sua identità, che non era
politica o ideologica ma che, quantomeno, era morale. Un’identità morale persa
nel momento in cui, con estrema incoerenza, si è andato ad alleare con quello
che era stato dipinto dal Movimento stesso come il diavolo, il male assoluto. Un’alleanza
di puro potere, difficile da spiegare a chi credeva in certi ideali, forse
utopici, ma nobili e che si sono sgretolati di fronte alla necessità di
rimanere al potere per il potere e non per il Paese, per quella rivoluzione
culturale che ci si era dati come obiettivo.
Ma non possiamo
addossare la responsabilità del tracollo a cinque stelle soltanto a Di Maio. Il
tracollo parte dallo stesso Grillo, ora interessato in altre cose, che ha
abbandonato il giocattolo in mano a bambini incapaci di farlo funzionare,
chissà per quale nuova mira, progetto, idea. Il tracollo passa per le posizioni
assurde di Roberto Fico e per il disimpegno di Alessandro Di Battista. Ma anche
dall’ottusità generale di chi ha preso ogni decisione per oro colato senza metterla
in discussione, facendo scappare chi era in dissenso.
È la fine di un’epoca,
ha ragione Di Maio. È la fine del Movimento 5 Stelle, dei Grillini. Qualcosa
sopravviverà senz’altro, ma non sarà la stessa cosa. Si dovranno rifondare,
dice l’ex leader, ma più che altro nascerà qualcosa di nuovo che con il movimento
originario avrà davvero poco a che fare. Peccato, un’occasione persa.
Luca
Craia