Non basta avere un messaggio per fare arte. Non basta
avere un impeto di rottura, una smania di trasgressione, non basta avere
qualcosa da dire per fare arte. Per fare arte bisogna anche avere delle
qualità. Per questo invocare la libertà di espressione legata all’arte nel caso
del rapper Junior Cally non è accettabile, semplicemente perché Junior Cally
non è un artista.
Tralascio le considerazioni su quello che Junior Cally
ha da dire, della qual cosa l’umanità potrà tranquillamente fare a meno, mi
soffermo sul mezzo espressivo che usa: cos’è? Poesia? Non direi, non si capisce
neanche la lingua, l’unica cosa chiara è la violenza che è contenuta in quelle
parole scritte. Non può essere la stessa arte di Leopardi quella che attribuiamo
a questo soggetto. Non può essere nemmeno quella di De Andrè.
Allora magari è musica. Musica? La musica deve poter
essere scritta sul pentagramma per essere tale. Più semplicemente, deve essere
possibile eseguirla in qualche modo, anche fischiettando sotto la doccia. Signori,
la musica è un’altra cosa, non scherziamo. Ho letto in giro paragoni assurdi
tra questo individuo e i Velvet Undergroiund, addirittura l’ho visto paragonato
ai Rolling Stones. Il paragone nasce dal parallelo tra la trasgressione (che
non è trasgressione, è violenza) del primo e quella dei mostri sacri del rock.
Cioè, Lou Reed e questo essere mascherato sarebbero simili. Keith Richards e
questo balbettatore sarebbero la stessa cosa. Questa è blasfemia pura. Non
serve che spieghi perché.
Luca Craia