Non
voglio fare un trattato di storia, né una disquisizione politico-filosofica su
come siamo arrivati ad avere al governo (e all’opposizione) una manica di
incapaci dopo essere stati la quinta potenza industriale del mondo. Voglio solo
fare due considerazioni da blogghettaro, come mi chiama amorevolmente qualcuno,
e farle in questo giorno, 23 maggio, il giorno in cui, ventotto anni fa, si
compiva uno degli atti che portarono alla fine dell’Italia e all’inizio della
Repubblica delle Banane in cui tuttora viviamo.
Il
1992 è stato un anno nefasto, catastrofico, l’anno in cui l’Italia finì. In
realtà era iniziata a finire molto prima, ma non ce ne eravamo accorti.
Cominciava già a finire quando la mafia uccideva giornalisti e pezzi di Stato
come fossero galline: Mattarella, Chinnigi, La Torre e potrei andare avanti a
lungo. Era uno stillicidio, ma gli Italiani ci si abituarono e i morti di mafia
diventarono una macabra routine da telegiornale mentre di fa cena. Però nel
1992 accadde qualcosa che fece accelerare tutto, cosa esattamente non saprei,
ma c’è una catena di fatti che portarono l’Italia a cadere nel precipizio.
L’uccisione
di Salvo Lima fu il segnale che s’era rotto qualcosa, che il patto tra lo Stato
e ma mafia si era rotto. E già, perché non servono le inchieste infinite per
sapere che c’era un patto tra lo Stato e la mafia. Nel 92 questo patto si
frantumò. Nel 1992, badate bene, l’anno di Mani Pulite. Mani Pulite che non è
avvenuta per caso, non è partita semplicemente da un Di Pietro che inciampava
nelle marachelle di Mario Chiesa. Mani Pulite è partita perché doveva partire.
Da
lì è successo di tutto. E il 23 maggio del 1992 la guerra tra mafia e Stato fu
dichiarata apertamente, quando la Fiat Croma di Giovani Falcone volò sopra l’autostrada
a Capaci per poi cadere, insieme alla speranza di sconfiggere la mafia. La
mafia attaccava direttamente lo Stato, uno Stato che stava andando in pezzi
sotto i colpi del team milanese di Mani Pulite. Una sequenza di attacchi, di
stragi, di manovre oscure, di personaggi untuosi e pericolosi che giravano per
i corridoi del potere: attentati a Firenze, a Roma, una tensione che cresceva,
la gente che tirava monetine.
Due
anni orribili fino al 1994, quando le elezioni furono vinte da Silvio
Berlusconi, spazzando via tutta la Prima Repubblica con i suoi angoli oscuri e
i suoi segreti, ma anche con le potenzialità di un’Italia che, da lì in avanti,
sarebbe diventata un cencio appeso ad un pennone, sventolato da ogni brezza e
da ogni tempesta. Con l’avvento di Berlusconi, finiva l’Italia e cominciava la
Repubblica delle Banane. E il peggio ancora doveva venire.
Luca
Craia