Non mi va di polemizzare con Ceriscioli sui miliardi
spesi per l’ospedale Covid di Civitanova. Certo che, a oggi, sembrerebbero
soldi sprecati e potremmo avere l’impressione che si sia trattato dell’ennesima
operazione di propaganda, in vista delle elezioni regionali di settembre, visto
che, con i 12 miliardi spesi, ci abbiamo curato giusto 3 persone, con una spesa
pro capite di 4 miliardi, roba da montarsi la testa (“lo vedi quanto valgo?” potrebbe
dire uno dei pazienti). Ma, se sono soldi sprecati o meno, lo potremo dire solo
tra qualche mese, quando avremo la certezza di aver sconfitto il virus. Al
momento è presto per essere certi di qualcosa. L’unica cosa certa è che sapremo
se il virus è battuto e, quindi, se Ceriscioli abbia o non abbia sprecato i
soldi, solo dopo le elezioni. Pazienza.
Fatto sta che, forse, quei soldi si potevano spendere
meglio. Si poteva intervenire sugli ospedali esistenti, su quelli chiusi dalla
politica sanitaria che ci ha portato vicini alla catastrofe in questo momento.
Spendendoli lì, oggi ce li ritroveremmo, e avremmo magari una sanità che
funziona un po’ meglio e non fa morire i cittadini per un virus cinese solo perché
mancano i posti letto. E già, perché la sanità italiana è ancora massacrata,
come prima del virus. E non è che ci sia qualcuno che parli di come rimetterla
in sesto. Perché va bene intervenire sull’economia, è fondamentale, altrimenti
moriamo tutti di fame, ma occorre anche ripensare il sistema sanitario nel suo
complesso, potenziarlo, renderlo efficiente ed efficace anche in casi di estrema
emergenza come quello che abbiamo vissuto e stiamo ancora parzialmente vivendo.
Ma non ne parla nessuno.
La Protezione Civile ha raccolto un sacco di soldi, 163.655.016. Cosa ci
farà con questa somma, ora che l’emergenza, se non è finita, si è fortemente
affievolita? La gente, oltretutto, sta continuando a donare. Non sarà il caso
di pensare a come impiegare questi soldi, memori delle stupidaggini commesse con
quelli raccolti per il terremoto? Credo sia il momento che la politica apra un
dibattito serio e costruttivo su quale sanità serva in Italia, e su come
costruirla o ricostruirla. Quello che abbiamo vissuto, e che si spera non
dovremo rivivere più, dovrebbe averci insegnato molte cose. L’Italia
storicamente fa fatica a imparare dagli errori compiuti, fa fatica a usare la
storia come maestra, però non è mai troppo tardi per cambiare e migliorare.
Certo che, a guardare la qualità media della classe dirigenziale italiana, c’è
poco da essere ottimisti.
Luca Craia