L’ha spuntata
la Fondazione Einaudi, che aveva fatto scoppiare la bomba degli atti sul COVID
secretati, e l’ha spuntata l’Italia che ha evitato l’ennesimo segreto di Stato.
La vicenda ha comunque aspetti inquietanti: prima di tutto va stigmatizzato il
fatto che, non avesse fatto richiesta di accesso agli atti la suddetta
Fondazione, tutto sarebbe passato in sordina, l’opposizione pare non si
fosse accorta di nulla. È grave, perché un’opposizione che, oltretutto, è stata
esautorata dai suoi compiti parlamentari con lo stato di emergenza, nemmeno
vigila sui verbali del Comitato Tecnico Scientifico non fa stare per niente
tranquilli.
È inquietante
soprattutto l’uso del secreto: a che pro? A cosa serve nascondere i verbali? Cosa
c’è che gli Italiani non dovrebbero sapere, per non mettere a repentaglio la
sicurezza nazionale? Ma sono inquietanti anche i tempi: a che è servito opporsi
alla decisione del TAR che aveva ordinato la desecretazione, se poi,
apparentemente di propria sponte, gli stessi atti vengono consegnati al
richiedente? Potrebbe venire il sospetto che servisse prendere tempo.
Per fare cosa? Siamo in Italia, il Paese dei segreti, delle carte che
spariscono, delle pagine tagliate con la lametta. Qualche idea ce la
possiamo fare.
Luca Craia