Scoppia
la scandalo e subito questo Governo di fanfaroni prova a farci credere di porvi
rimedio, mettendo una pezza che non è altro che il tappeto dove nascondere la
polvere. La riforma del CSM annunciata dal Ministro Bonafede è l’ennesima presa
per i fondelli nei confronti dei cittadini, almeno di quelli più attenti, perché
gli altri pare che implorino di essere presi in giro, riuscendovi.
Secondo
Bonafede siamo di fronte a una “riforma essenziale e lo sarebbe stata
anche in assenza degli scandali dell’ultimo anno. Ma è importante ricostruire
la credibilità della giustizia agli occhi dei cittadini”. E per farlo cosa fa? Impedisce
ai magistrati che vogliano far politica, una volta eletti, di rientrare in
magistratura. Detto così parrebbe sacrosanto, e probabilmente lo è, ma non è
affatto risolutivo. Infatti il problema non è tanto il magistrato che si fa
eleggere e che raramente rientra in magistratura, quanto il magistrato che si
schiera neanche troppo apertamente. Per dirla tutta, il problema sono le
associazioni di magistrati con marcate tendenze politiche.
Il magistrato è
un uomo, e come tale è logico che abbia un’idea politica. Ma deve essere una
idea sua, una cosa personale. Associarsi con altri della stessa idea all’interno
dell’organo stesso dello Stato appare una deviazione, e lo è in quanto abbiamo
visto quali danni questo possa produrre. Il Ministro Bonafede i danni li ha
visti, ma non ne vede la causa. E propone una riforma che non riforma e
soprattutto non risolve nulla.
Luca
Craia