Ho ripensato a
Paul in questi giorni. Paul era un ragazzo della mia età che conobbi nel 1981 a
Ciampino, durante il congresso internazionale dei Focolarini (ebbene sì, sono
stato focolarino, per dirla tutta ero parte del gruppo fondatore a
Montegranaro). Paul veniva dal Libano, da Beirut, e in quei pochi giorni legammo
molto.
Mi raccontò di
quanto fosse complicato vivere, o cercare di vivere, anzi, di sopravvivere, in
un mondo in cui una bomba avrebbe potuto decidere la tua fine in ogni istante,
in cui volavano missili, in cui si facevano attentati, in cui si sparava senza
farsi troppi problemi, in cui la vita umana valeva quasi zero. Eravamo bambini
entrambi, ma lui era molto più adulto di me, evidentemente la guerra ti fa
crescere in fretta, ma aveva anche una grande necessità di essere fanciullo, di
avere le cose da fanciullo, i momenti da fanciullo.
Il congresso
durò qualche giorno, poi io tornai nelle mie Marche, a pochi chilometri da
Ciampino, e Paul alla sua Beirut. Ci scrivemmo per qualche mese, poi non mi
arrivò più nulla. Mi piace pensare che Paul avesse incontrato una ragazza e che
avesse smesso di scrivermi perché aveva altre cose a cui pensare. Sarebbe
bello. Ancora ci credo.
Ma l’altro
giorno, quando ho visto l’esplosione, mi è tornato in mente prepotentemente
quel ragazzo dalla pelle olivastra e i capelli neri ricci ricci, e il suo
strano modo di essere bambino. E ho pensato a quanti bambini vivono la loro
fanciullezza in modi strani, con le bombe che scoppiano, i missili che
fischiano, i proiettili che pungono e le città che improvvisamente si
polverizzano.
Sono passati
tanti anni da quando conobbi Paul, ma non è cambiato niente, anzi, è peggiorato
tutto. Anche la nostra mentalità, anche la nostra sensibilità, anche la nostra
umanità, anche la nostra ipocrisia. Spero che i tanti Paul che vivono la loro
strana fanciullezza, a un certo punto, si trovino una ragazza e pensino ad
altro piuttosto che a raccontare i propri problemi a un amico lontano. Spero
che le strane fanciullezze finiscano tutte bene. A cinquantadue anni ancora ho
i miei sogni da bambino.
Luca Craia