venerdì 7 agosto 2020

La storia dei sarcofagi romani di Civitanova simbolo del perché non sappiamo fare turismo.


La notizia dei 70 sarcofagi romani che il Comune di Civitanova Marche intende interrare mi era sfuggita e l’ho letta solo oggi sul Corriere della Sera aprendo sempre più la bocca a formare un’immensa O. Per chi non la sapesse, ve la racconto in breve: a Civitanova Marche, città che vive di tante cose tra le quali il turismo e, si sa, oggi il turismo potrebbe essere l’unica attività che possa resistere al covid e alla deficienza di chi ci governa, non ieri ma nel 1974 sono stati trovati la bellezza di 70 sarcofagi romani, evidentemente testimonianze dell’antica città della V Legio, Cluana, che insisteva sulle sponde del Chienti e dalla quale Civitanova trae le sue origini.
Un’intera necropoli romana lasciata in mezzo ai campi, accatastata alla bell’e meglio, per quasi 50 anni. Poi, a un certo punto, si è deciso che dava fastidio, perché si deve ampliare il depuratore. Che ci fai con 70 sarcofagi romani? Sono una rogna incommensurabile: fare un museo non se ne parla, tanto chi ci va, al museo? Soldi sprecati. Per dire: hanno trovato, recentemente, una sepoltura integra, con tanto di feretro all’interno, in contrada Pausola. Una roba che ci verrebbero a vederla dal Giappone e loro dove la mettono? In una scuola. Quindi coi famosi 70 sarcofagi, che manco c’hanno lo scheletro dentro, che ci facciamo? Niente, li interriamo, in attesa di tempi migliori, augurandoci che, nel frattempo, la gente se li scordi.
Civitanova, dicevamo, vive anche di turismo. Il turismo è il petrolio dell’Italia, e pare che qualcuno cominci ad accorgersene. A Civitanova no, non credono che qualcuno possa trovare interessanti dei sarcofagi romani, non credono sia lungimirante investire in una struttura per conservarli, esporli e, magari, guadagnarci pure sopra. Li interrano e amen. Non è solo Civitanova, in Italia interriamo un sacco di roba, sempre in attesa di tempi migliori, sempre per la nostra incapacità di capirne il valore, non dico culturale, ma economico.
E non possiamo certo prendercela con l’attuale amministrazione, certamente non solo con loro: quelle tombe stanno lì da cinquant’anni, esposte agli agenti atmosferici, se vogliamo anche ai ladri che, per fortuna, qua da noi sono ignoranti quasi quanto i politici. Nessuno, dal 1974, ha trovato il modo per trasformare quelle casse di pietra in occasione di ricchezza per Civitanova e il suo territorio.
Un territorio, quello Piceno, ricchissimo di testimonianze del passato, quasi tutte per niente valorizzate. E se a Civitanova interrano i sarcofagi, da altre parti fanno cadere chiese, castelli, vestigia preziosissime che potrebbero essere il nostro futuro ma che, agli occhi della nostra classe dirigente, sono soltanto una rogna, un impiccio. Un impiccio che non teme concorrenza, non può essere imitato dai Cinesi, non può essere copiato, contraffatto. Un impiccio che, se fossimo un po’ più intelligenti, noi Marchigiani grandi imprenditori, sarebbe oro puro. Ma tant’è, interriamo.

Luca Craia

(foto: Regio V Picenum Cluana)