C’è andato pure Ceriscioli
all’incontro voluto dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte con i
governatori delle regioni terremotate. Per carità, istituzionalmente doveva
andarci, ma la domanda che mi pongo è questa: siccome tra quindici giorni,
Ceriscioli non sarà più governatore delle Marche, sia che vinca l’uno sia che
vinca l’altro dei due contendenti, che avrà mai avuto da dirsi col Presidente
del Consiglio, che ancora non si era detto? Tanto più che, il suo successore
designato dal PD, Mangialardi, sembra che lo stia sconfessando su tutta la
linea, sembra che, sempre secondo Mangialardi, Ceriscioli non ne abbia
acchiappata una. E non possiamo non essere d’accordo. Quindi, a Roma, che c’è
andato a fare?
Voi mi direte: l’ha
invitato Conte, c’è andato per cortesia. Vero, ma allora, visto che c’era e,
come si dice, non ha più nulla da perdere, visto che non è più in gioco e che,
tra pochi giorni, andrà a occuparsi d’altro, sempre che, qualora vincesse
Mangialardi, non abbia qualche buon posto per lui in un ente regionale, avrebbe
potuto togliersi qualche sassolino, buttare le responsabilità addosso al
Governo. E sì, perché pare che la colpa del nulla assoluto che riscontriamo
nella ricostruzione non sia del governo regionale ma di quello centrale, almeno
così dicono quelli del PD delle Marche. Poteva, Ceriscioli, spiegare a Conte
dove ha sbagliato, rinfacciargli dove gli è stato impedito di operare. Invece
si è limitato a proporre le solite cose: "semplificazione delle
norme sulla ricostruzione sul modello del ponte di Genova, proroga della
presentazione dei progetti per la ricostruzione leggera e il Cas, tempi più
lunghi per gli strumenti di aiuto: almeno 10 anni di zona franca urbana".
Ullalà che genialata. E se bastava così poco, perché non lo ha detto prima?
Comunque Conte ha detto che
allungherà i tempi dell’ecobonus per l’area del crate, così i terremotati
potranno fare il cappotto termico alle maceria. E pace.
(foto ANSA).
Luca Craia