Intendo fornire un quadro di quanto sta accadendo in Palestina in questi giorni perché la stampa italiana, come sempre, non fornisce un quadro sufficientemente lucido ed è evidentemente schierata, influenzando in questo modo l’opinione pubblica.
Purtroppo la violenza in Medioriente non ha mai fine, e questo probabilmente perché ha ragioni antiche che vanno ben al di là delle legittime rivendicazioni di un popolo di avere una sua Nazione. Sono ragioni culturali e radicano nell’antisemitismo della cultura islamica nonché nella stessa intolleranza che la porta ad aprire conflitti contro qualsiasi altra cultura, quandanche quella cultura sia la loro stessa con varianti e sfumature diverse. Il Popolo Palestinese ha senz’alto diritto a una Nazione, benchè storicamente non ne abbia mai avuta una. Ma ci si evolve e l’istanza di patria è sempre e comunque legittima. Sono i metodi per portare avanti questa istanza che sono inaccettabili e lo sono sempre stati, perché sono metodi violenti che puntano più all’annientamento del Popolo di Israele che alla realizzazione di una patria propria.
Non sto qui a raccontare la storia di Palestina degli ultimi cento anni: basta ricordare le continue guerre, che hanno avuto il culmine con la cosiddetta “Guerra dei sei giorni”, che testimoniano quale sia la reale e profonda ragione che muove le azioni dei vari gruppi palestinesi. E anche in questo caso tutto parte dall’intemperanza e dall’azione violenta della popolazione araba di Palestina che cozza immancabilmente con la potenza militare e l’intransigenza, in ogni caso diretta a una legittima autodifesa, di Israele. Purtroppo tutto questo porta a epiloghi immancabilmente luttuosi, perfettamente evitabili se i Palestinesi si muovessero attraverso i canali della diplomazia internazionale e della politica mondiale piuttosto che attaccare ogni volta Israele ben consci di scatenare ogni volta una carneficina. D’altra parte, Israele deve difendersi da una situazione di continua tensione che frequentemente degenera in azioni di terrorismo e di guerra. Lo fa con grande e forse eccessiva forza, ma esercita il diritto all’autodifesa.
L’escalation che stiamo vivendo in questi giorni parte, come sempre, da un attacco palestinese contro gli Israeliani. All'inizio del Ramadan, il mese di digiuno islamico. giovani palestinesi hanno attaccato passanti Ebrei Ortodossi isolati scatenando la reazione dei gruppi nazionalisti ebrei che hanno risposto con lo stesso metodo, aggredendo per strada Palestinesi isolati. Tutto è partito perché la Polizia Israeliana ha posto delle transenne intorno alla Porta di Damasco, a Gerusalemme, luogo di ritrovo dei giovani palestinesi durante il Ramadam. Questo è avvenuto per evitare conseguenze in seguito alle tensioni registrate nel quartiere di Sheiikh Jarrah, quartiere densamente popolata dagli arabi in cui si stanno insediando da qualche anno diverse famiglie ebree. Lo sfratto ai danni di alcuni Palestinesi residenti nel quartiere a opera di un’associazione ebraica proprietaria delle loro abitazioni, nonostante si attenda il pronunciamento della Corte Suprema, ha innescato scontri e tensioni ed era proprio quello che si intendeva evitare.
Gli scontri si sono allargati a macchia d’olio fino a coinvolgere sia la Spianata delle Moschee, durante la celebrazione della fine del Ramadan, che le celebrazioni del Jerusalem Day. E infine è arrivata Hamas che ha dato un ultimatum a Israele di lasciare entro ieri la zona di Sheiikh Jarrah, cosa che, ovviamente, non è avvenuta. Partita la solita salva di razzi dalla Striscia di Gaza, la reazione di Israele non si è fatta attendere e, come sempre, è stata estremamente violenta. È pensabile che siamo di fronte all’ennesima situazione di guerra tra Israele e i Palestinesi.
Tutto questo si può evitare? Credo di sì, appunto con la diplomazia e la mediazione politica internazionale. Purtroppo però la cultura araba prima e la frammentazione dei Palestinesi che non hanno un leader reale e universalmente riconosciuto, portano costantemente alla provocazione contro un colosso militare come Israele che poi, quando reagisce, lo fa senza mezze misure.
Luca Craia
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