Risorgimarche rinuncia alle sue velleità messianiche e, di fatto, ammette di essere quello che è e che è sempre stato: un festival di musica. Non salva niente, non fa risorgere niente, non lo ha fatto fino a oggi e finalmente ci dice che non lo farà in futuro. Quello che farà è una cosa molto bella e molto importante: farà musica. E non è poco. Ma nessuna missione salvifica se non quella insita naturalmente nella musica.
Con la nascita della rete dei Festival Italiani di Musica in Montagna, a cui aderiscono la storica manifestazione de I Suoni delle Dolomiti (Trentino), Musica sulle Apuane (Toscana), Musicastelle Outdoor (Valle d’Aosta), Paesaggi Sonori (Abruzzo), Suoni Controvento (Umbria), Suoni della Murgia (Puglia) TIME IN JAZZ (Sardegna) e, appunto, Risorgimarche (Marche), si crea un circuito culturale molti importante sia per l’arte della musica sia per la valorizzazione del territorio a livello turistico.
Il punto, in realtà, è sempre stato questo: chiamare le cose col loro nome. La pretesa che si era data Risorgimarche di aiutare le popolazioni terremotate era velleitaria, infondata e piuttosto fastidiosa, in un momento in cui di aiuto ce n’era davvero bisogno, e ce n’è ancora, ma di aiuto vero e non di aiuti dichiarati e mai attuati. Ora sappiamo, sia per quello che ci ha detto la storia che per quello di cui gli stessi organizzatori del festival ci stanno implicitamente informando, che Risorgimarche non ha fatto risorgere le Marche né pensa più di farlo, ma che si pone semplicemente l’obiettivo di fare buona musica per gli amanti della buona musica in luoghi meravigliosi dove ascoltare buona musica. E scusate se è poco.
Luca Craia
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