Trovo in qualche modo immorale il credito e a tratti l’adulazione che si tributa a imprenditori italiani che producono ricchezza con la commercializzazione di prodotti realizzati all’estero. L’imprenditore fa il suo mestiere, come sempre, e deve realizzare profitto. Trovo quindi comprensibile, anche se non lo condivido e non lo farei mai, andare a produrre manufatti, poi venduti da noi, in paesi esteri, dove la manodopera ha un costo infinitamente più basso. Occorre però tenere presente che tali produzioni prevedono lo sfruttamento di lavoratori sottopagati e costretti a operare in condizioni inaccettabili.
Ma soprattutto va considerato il danno economico che si fa al sistema-paese, andando a spostare ricchezza interna all’estero e togliendo lavoro alla manodopera in patria, impoverendo tutti. Il danno maggiore, poi, deriva dalla condivisione e dalla dispersione delle conoscenze tecniche che, in questo modo, vengono diffuse a potenziali concorrenti che, prima o poi, verranno a competere con le nostre imprese sconfiggendole grazie ai costi più bassi di cui sopra.
Torno a ripetere che comprendo le ragioni degli imprenditori ma non comprendo, anzi, condanno con forza l’ammirazione che gli si dedica. È come ammirare il boia: fa solo il suo lavoro, ma ti stacca la testa.
Luca Craia
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