venerdì 18 febbraio 2022

La necessità di un movimento repubblicano

C’è bisogno di repubblicanesimo in Italia. C’è una prateria immensa, al centro, dove vagano smarriti milioni di elettori moderati che non trovano più punti di riferimento. E il repubblicanesimo è la risposta alla domanda di moderazione e di buon senso che giunge da loro. Ma è il Paese stesso ad avere bisogno del pensiero repubblicano, laddove esso interpreti, come storicamente è sempre accaduto, la ragione e la razionalità scevra da ideologie e da estremismi, nonché da calcoli propagandistici. L’idea repubblicana è un ideale, non un’ideologia, e il repubblicano è portato ad aspirare al bene comune prima che all’interesse particolare.

Questo avviene nella ragione per cui il repubblicanesimo è una forma mentis prima di ogni altra cosa, che si alimenta di una cultura storica e umanistica che lo plasma nell’equilibrio tra giustizia e ragione. Ed è dal recupero di quella cultura che bisogna partire per ridare vita al repubblicanesimo in Italia, una cultura che si basa sulla conoscenza della storia come insegnamento e monito, e delle Istituzioni come tramite per il raggiungimento del bene comune.

Ascoltavo qualche giorno fa un dibattito recente tra Giorgio La Malfa e Luciana Sbarbati. Entrambi ricordavano le radici a sinistra dell’idea repubblicana, radici che, però, come lo stesso La Malfa ha tenuto a precisare, sono ben distanti da quelle della sinistra di derivazione marxista che nella sua visione antropologica si pone all’opposto esatto rispetto a quella repubblicana, la quale non si distingue solo per il principio della sacralità della proprietà privata e della sua funzione sociologica benefica, ma anche di una visione dello Stato radicalmente democratica, al contrario della matrice marxista che immancabilmente è destinata a sfociare nella dittatura.

È quindi chiaro che l’idea repubblicana non può sposare in alcun modo alleanze con forze che si ispirano, seppur ormai solo storicamente, con l’ideologia marxista. Ed è questo il motivo evidentemente scatenante della diaspora che ha di fatto disintegrato il Partito Repubblicano frantumandolo in mille frammenti e rendendolo sostanzialmente inesistente. Parimenti la visione sociale ed economica repubblicana, insieme ai saldi principi democratici, non consentono alcun avvicinamento con la destra radicale. Ecco quindi la collocazione obbligatoriamente centrista del pensiero repubblicano. Ed ecco che questo centrismo o, meglio, centralismo andrebbe a interpretare la domanda di moderazione e razionalità che giunge da un elettorato sempre più lontano dalla politica in quanto allontanato dalla stessa.

Un movimento repubblicano potrebbe governare anche in alleanza con altre forze tendenzialmente opposte, quando questo avvenga sui programmi e sulle necessità. Anzi, proprio la caratteristica razionale dell’idea repubblicana sarebbe da deterrente per le spinte estremistiche che, come vediamo nell’attuale governo, bloccano di fatto l’azione e rendono sterili le iniziative.

Ripartire, quindi, dalla cultura repubblicana, da Mazzini e Cattaneo per arrivare all’ultimo pensatore repubblicano della storia: Giovanni Spadolini. E ripartire si deve, dai giovani e dai vecchi repubblicani che, come me, sono nati e moriranno repubblicani ma che vagano anche loro smarriti per le praterie del centro abbandonato dalla politica. Si deve ripartire dal movimento culturale e dall’azione civile, prima ancora di pensare a partiti e alleanze, da circoli territoriali e da iniziative locali prima che nazionali, azzerando quel poco di politica sedicente repubblicana che abbiamo visto nell’ultimo periodo. Ripartire dalle radici e dal pensiero repubblicano, questa è l’unica via, senza nostalgie ma con ben chiara la propria identità culturale e politica.

 

Luca Craia

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