martedì 1 febbraio 2022

Quando la comunità divisa uccide. La storia di Enzo Bassi

 

Nato il 4 ottobre 1922, nel maggio del 1942 era partito per Roma dove aveva preso servizio presso la caserma Macao del III Genova Cavalleria Dragoni. Trasferito in Piemonte a Cuneo e a Carù, fu mandato poi in Francia, prima a Nizza e a Cape d’Antibes e infine a Mentone. Subito dopo l’armistizio, con il commilitone e compaesano Graziano Medori, riuscì a raggiungere Milano. Soccorsi entrambi e ospitati da una famiglia milanese che aveva perso un figlio in guerra, furono aiutati a disfarsi della divisa, rivestiti con abiti civili e fu regalata loro anche una bicicletta per affrontare, con un minimo di sollievo, il lungo viaggio di ritorno. Purtroppo, però, dovendo passare per strade secondarie, accidentate, tra campi e viottoli, la bicicletta si ruppe quasi subito e dovettero proseguire a piedi. Arrivarono in paese dopo 35 giorni di cammino, il 12 ottobre, festa di San Serafino, santo paesano, rischiando più volte di essere presi. Per prudenza, non conoscendo la situazione, si diressero nella casa di Graziano Medori, che abitava in campagna. Un fratello di Graziano, più tardi, riaccompagnò Enzo a casa sua, dove finalmente, alle tre di notte, potè riabbracciare la madre, il padre e la sorella Ivana. Magro, coi capelli resi chiarissimi dalla lunga esposizione alle intemperie la madre, quasi incredula, volle accertarsi che quello era proprio il figlio, facendosi mostrare una piccola voglia che aveva all’interno di una gamba. Nonostante i continui manifesti che intimavano ai giovani di presentarsi per l’arruolamento nell’esercito fascista repubblicano, Enzo rimase nascosto per qualche mese in casa. Un giorno giunsero in paese alcune camionette piene di repubblichini, alla ricerca di alcuni prigionieri inglesi fuggiti dal campo di concentramento di Fermo e qualcuno avvertì il comandante che c’erano in paese anche alcuni giovani nascosti per non arruolarsi. Enzo, Ninì Petrini e Serafino Conti scapparono insieme verso la campagna, nella speranza di raggiungere il fiume Ete, dove era più facile trovare nascondigli. Mentre attraversavano di corsa un tratto di strada scoperta furono raggiunti da alcune raffiche di mitra. Enzo Bassi fu colpito a morte, Ninì Petrini fu preso prigioniero e solo Serafino Conti riuscì a sfuggire alla cattura. Era il 14 marzo 1944. Tutto il paese prese parte al funerale di Enzo e alla sua memoria la cittadinanza dedicò una via. 

 

(da “La fine del tempo delle favole” di Stella Franceschetti – collana I quaderni di Stelletta)

 

Ho ripubblicato questo racconto storico dell’amara e compianta Stella Franceschetti perché mi pare un ottimo monito a cercare di mantenere unita solidale la comunità cittadina. La storia di Enzo Bassi è la storia di un giovane ucciso sì dalle pallottole sparate dai fascisti, ma soprattutto dalla delazione e dall’odio di gente della sua stessa comunità, gente che, per convenienza, per fede politica, per pura cattiveria o forse per tutto questo insieme non si è fatta scrupolo di denunciarlo, con le conseguenze che abbiamo appena letto. Una comunità dovrebbe aiutarsi e sostenersi, mentre la nostra tende e dividersi, spaccata da odio spesso instillato per convenienza personale. Per questo credo che rileggere quanto accaduto tanti anni fa a questo nostro concittadino può essere utile a capire quanto sia importante che la comunità sia unita.

 

Luca Craia

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