Ci sono uomini che hanno fatto la storia giocando ruoli chiave anche se meno visibili di altri. È curioso come Montegranaro, oltre a essere sempre stata fucina di sacerdoti ed episcopi, abbia dato alla luce tanti figli che poi, in settori diversi, hanno giocato ruoli importantissimi nella storia, a partire dal Santo Patrono, San Serafino, per finire col Padre della Patria Giovanni Conti. Tra loro va ricordato con grande merito il Cardinale Domenico Svampa perché, anche se non tutti lo sanno, è stato un uomo chiave nel processo di distensione tra Stato e Chiesa che portò nel 1929 alla stesura dei Patti Lateranensi.
Domenico Antonio Svampa, di Paolo e Maria Giuseppa Tarquini Corsi, nasce il 13 giugno 1851 a Montegranaro. La ricca famiglia assecondò la vocazione del figlio facendolo entrare, nel 1861, in seminario a Fermo, dove conobbe personalmente San Giovanni Bosco in occasione di una sua visita all’Arcivescovo Filippo De Angelis. Proseguiti gli studi nel Seminario Pio di Roma, poi accorpato al Pontificio Seminario Romano Maggiore, fu ordinato sacerdote nel 1874. Nel 1886 fu nominato cameriere segreto soprannumerario del Papa e nel 1887 divenne Vescovo di Forlì. Concluse la sua carriera con la nomina a Cardinale di Bologna avvenuta per mano di Papa Leone XIII il 18 maggio 1894. Nel corso della sua carriera ecclesiastica si dimostrò molto aperto e lungimirante: fondò un istituto di istruzione popolare affidato ai Salesiani, istituì l’istituto di credito Piccolo Credito Romagnolo e le casse rurali a sostegno del contado, ma soprattutto fu fondatore, insieme a Giovanni Acquaderni e Giovanni Grosoli, del giornale L’Avvenire d’Italia da cui poi derivò l’attuale L’Avvenire.
Morto Papa Leone XIII del 1903, fu considerato uno dei 7 possibili successori, anzi, forse il più papabile. Purtroppo, durante il conclave il Cardinale fu colpito da un ictus che ne offese temporaneamente la parola. Questo ne impedì la probabile elezione a favore di Pio X.
Domenico Svampa era uomo di vedute ampie e aperte, anche grazie all’educazione e ai principi impartitigli dalla famiglia a Montegranaro. Per questo lavorò sempre per agevolare la distensione nei rapporti tra la Chiesa e lo Stato Italiano, compromessi dopo l’Unità d’Italia e la soppressione dello Stato Pontificio. Così, quando il Re Vittorio Emanuele III decise di in visita a Bologna il 28 aprile del 1904, il Cardinale ci vide una magnifica occasione per cercare di ricucire lo strappo. Chiesto il permesso al Papa, Pio X, che ne incoraggiò l’intento, e fece in modo di essere invitato a colloqui col Re che, a sua volta, gli inviò un invito per un incontro ufficiale. Nel frattempo l’aristocrazia bolognese organizzò un banchetto col il Re, al quale invitò naturalmente anche il Cardinale che accettò, nonostante il permesso scritto da parte della Curia romana non fosse ancora giunto. Vi era anche un ulteriore impedimento: il banchetto si sarebbe tenuto di venerdì, giorno di digiuno, e per agevolare il Cardinale fu organizzato un menu alternativo “di magro”.
Il Re e il Cardinale Svampa ebbero un costruttivo colloquio, ma nei giorni successivi giunse la risposta alla richiesta di permesso all’incontro, e fu un inaspettato diniego. Nel contempo, però, l’incontro aveva suscitato il plauso corale degli ambienti più progressisti, e questo creò un certo imbarazzo nella curia romana che lo manifestò per iscritto e a più riprese, tanto che il Cardinale, mortificato, presentò le proprie dimissioni. Le dimissioni, però, vennero respinte e Svampa rimase il suo posto, molto fiaccato però dall’accaduto. Morì nel 1907.
La storia dell’incontro tra il Cardinale Domenico Svampa e il Re Vittorio Emanuele III è raccontata nel libro “Pranzo di magro per il cardinale” di Giulio Andreotti. Il New York Times scrisse ben 22 volte delle iniziative di Domenico Svampa, elogiandone le doti di uomo di pace e di progresso.
Luca Craia
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