Sulla parete del Palazzo degli Agostiniani che insiste sotto l’antica torre c’era una graffito sull’intonaco realizzato con mano incerta, forse da un ragazzino, che recitava le parole “viva Coppi”. Non parliamo di un reperto storico di epoca preistorica ma di una bella e, secondo me, commovente testimonianza della vita di quasi un secolo fa nel centro storico di Montegranaro. Quando si apprese che lo stabile sarebbe stato ristrutturato lanciai un’iniziativa per far sì che quel graffito fosse salvaguardato e conservato. Dopo pochi giorni qualcuno andò lì con uno scalpello e lo distrusse. Mi mandarono anche una lettera anonima con accuse vaghe a qualcuno, ma fondamentalmente a dispiacermene fui soltanto io.
In via Palestro, proprio in cima, sopra l’architrave di una casa diroccata e oggetto di numerosissime lamentele per il suo stato di sommo degrado c’era un mattone riportante la data di edificazione dello stabile e la sigla del costruttore. Il mattone indicava l’anno 1695. Anche qui non si trattava di un’opera d’arte o di chissà quale vestigia del passato, ma era comunque un pezzo di storia del paese e credo fosse opportuno conservarla, anche in funzione del fatto che lo stabile, come dicevo, rischiava di crollare. Nel 2014 proposi di staccare il mattone e metterlo al sicuro e la risposta fu che qualcuno, con lo scalpello, staccò il mattone dal suo muro e lo fece sparire. Non se ne seppe più nulla.
L’altro giorno, con l’aiuto del Presidente di Arkeo, Filippo Quintili e del vicepresidente emerito Giudo Eugeni, e con la preziosa collaborazione dell’amico Emanuele Smerilli che ha lavorato pro bono, abbiamo staccato il preziosissimo blasone di Annibale Caro posto sulla porta della canonica già chiesa cinquecentesca dei SS.Filippo e Giacomo. È un manufatto estremamente importante, realizzato nel XVI secolo per indicare l’amministrazione priorale del Caro sui beni della chiesa, beni ingenti appartenuti al monastero benedettino che esisteva in quel posto prima ancora che Montegranaro diventasse un castello, gli stessi beni agrari da cui il nome stesso del paese. È anche l’unico blasone della famiglia Caro esistente al mondo.
Il blasone ora è in restauro, un’opera interamente finanziata da Arkeo, e andrà posto nel museo parrocchiale in via di ultimazione. Al suo posto metteremo una copia in resina, così se l’amico scalpellino vorrà rubare o distruggere anche questo, farà poco danno. Almeno il Blasone del Caro forse sono riuscito a salvarlo.
Luca Craia
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