giovedì 23 marzo 2023

Le pietre che parlano: il mulino fortificato del Chienti.

Quello che a Montegranaro chiamiamo familiarmente “lo torrò” o “lo torriò”, in realtà è un mulino ad acqua e rappresenta una delle testimonianze più antiche e importanti del passato remoto della comunità montegranarese. Non c’è neanche qui una data certa per la sua edificazione, ma questo tipo di costruzione in genere risale alla fine dell’alto medioevo o all’inizio del secondo millennio, direi che possiamo collocarlo con un’accettabile approssimazione tra l’800 e il 1000.

La sua struttura fortemente fortificata dimostra che, almeno nella sua ultima ristrutturazione, il mulino era esposto a rischi predatori che, all’epoca, erano più che concreti. Parliamo degli stessi rischi predatori che, nello stesso periodo, spinsero gli abitanti delle fattorie sparse nel territorio a incastellarsi e a costituire il primo nucleo abitato del paese, di cui abbiamo già parlato. Il mulino rappresentava un elemento fondamentale per la sopravvivenza degli abitanti del posto, sia che vivessero nel castello sia che insistessero nelle strutture agricole esterne. È per questo che era necessario difenderlo sia passivamente, con mura possenti e fortificazioni, sia attivamente con la presenza costante di un corpo di guardia.

La distanza notevole dal castello era obbligatoria per la presenza dell’acqua del Chienti, essenziale per muovere la mola, ma rendeva difficile difendere la struttura in caso di attacco. Per questo i mulini di questo tipo erano costantemente presidiati da uomini armati.

Lungo tutta la valle del Chienti, ma anche di altri fiumi marchigiani, la presenza di mulini fortificati come quello montegranarese è costante. Ce ne sono di molto simili a Civitanova, a Pollenza, a Villa Potenza. Notevole quello di Montalto, denominato Mulino di Sisto V per via dei natale del celebre Papa marchigiano.

 

Luca Craia


 

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