giovedì 24 agosto 2023

Montegranaro: la sicurezza passa attraverso il dialogo nella comunità.

È un argomento difficile da trattare, pericoloso, si rischia di venire accusati delle peggiori nefandezze (moderne) o di tirarsi addosso l’odio di un sacco di gente, odio che non è del tutto privo di conseguenze, tutt’altro. Però bisogna dirlo, perché negare la realtà non aiuta per niente a risolvere i problemi. A Montegranaro c’è un problema con una parte della popolazione di origine straniera. È una parte presumibilmente piuttosto piccola, direi molto minoritaria, che però produce un disagio sociale forte e un abbassamento del livello di qualità della vita per tutti. Si tratta di un problema di sicurezza pubblica, di percezione della stessa, e conseguentemente rende il paese meno vivibile, la comunità più inquieta e meno disposta a essere, appunto, comunità.

La risposta a questo problema non può essere il fare finta che non esista, come non può essere la chiusura in se stessa della comunità straniera che, invece di fare quadrato con la comunità cittadina intera, tende a interpretare come avverso ogni tentativo di capire e trovare delle soluzioni. Eppure a subire le conseguenze secondarie degli atti di illegalità prodotti da stranieri sono gli stranieri stessi, quelli che cercano l’integrazione o che comunque vivono un’esistenza nella piena legalità e rispetto delle regole. Oltre a chi subisce il reato, ovviamente, il primo a pagarne le conseguenze e lo straniero onesto che diventa vittima della generalizzazione che va assolutamente evitata. Però il problema va affrontato.

Va affrontato prima di tutto parlandone, prendendone coscienza, sollecitando il confronto all’interno della comunità cittadina per fare fronte comune contro l’illegalità. Poi servono prevenzione e deterrenza. È ottimo il lavoro dell’Amministrazione Comunale nel continuo incremento della rete di videosorveglianza, sempre utilissima per individuare i criminali; è altrettanto ottimo l’impegno delle  forze dell’ordine nell’attività di indagine e nella repressione dei reati; il problema nasce poi quando si passa alla fase punitiva, che evidentemente non funziona sia per una giurisprudenza contraddittoria e lacunosa, sia per l’interpretazione troppo spesso ideologica della stessa. Il risultato è che tutto il lavoro di prevenzione e repressione viene inficiato dalla mancata punizione.

Però la comunità ha un ruolo importante, se non altro nell’isolare i fenomeni e gli autori degli stessi. Si può intervenire sul tessuto sociale e su quello urbano, evitando l’instaurarsi di nuove zone di ghettizzazione e smantellando quelle ormai cronicizzate. Si può fare attività di integrazione nei più giovani, sottraendoli a quella sottocultura che porta poi all’alienazione da adulti. Si può rendere capillare la prevenzione sul territorio con forme di controllo di vicinato che coinvolgano direttamente i cittadini. Ma prima di tutto serve il dialogo e l’apertura, non certo le minacce e i danneggiamenti che ho dovuto subire io negli anni per aver sempre parlato con franchezza del problema.

 

Luca Craia


 

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