Un omicidio è sempre e comunque una brutta storia, qualunque siano i
meccanismi che l’hanno causato. La morte di un uomo deve farci rattristare,
riflettere, condannare la violenza sempre e comunque. La violenza non è mai
giustificata e giustificabile, e questa storia dell'omicidio di Fermo gronda di violenza e di sangue
comunque la vogliamo interpretare, qualunque sia la verità che verrà fuori
dalle indagini.
Il punto, però, è proprio questo: qual è la verità? Oggi nessuno lo
sa, se non i diretti protagonisti del fatto e forse nemmeno loro, perché la
mente umana a volte fa strani scherzi e ci fa credere vere cose che non lo
sono, magari per autoprotezione, magari per autoassoluzione. E allora diciamo
che la verità va ricostruita, va ricercata, va messa insieme pezzo pezzo perché
oggi nessuno la conosce.
Non sa la verità Alfano, che è corso da Roma a Fermo a fare nulla,
solo un po’ di passerella. Ha sentito, fiutato, visto la possibilità di crearsi
un po’ di popolarità in un momento in cui ne necessita particolarmente ed
eccolo qua, con la faccia di rito, con le parole di rito, che lasciano il tempo
che trovano e non cambiano di una virgola la situazione politica dell’accoglienza
che non funziona e questi fatti lo provano senza dubbio alcuno, forse l’unica
certezza che abbiamo.
Non sa la verità don Vinicio che, pure, condanna più da giudice che da
pastore. Ha già emesso la sua sentenza, questo prete particolare, molto
potente, con mani in pasta in un sacco di cose che fanno girare anche un sacco
di soldi. Don Vinicio è davvero poco prete in questa vicenda, poco pastore,
poco incline a raccogliere la pecorella smarrita che, invece, condanna senza
appello alle pene terrene prima e a quelle infernali poi. Si compiace, con
grande evidenza, della visibilità che è riuscito a procurarsi e non perde un
colpo per aumentarla, nell’ansia, forse, di compiacere forze politiche amiche,
senza rendersi conto che, col suo fare e affannarsi in cerca di obiettivi
fotografici e televisivi, rende il clima ancor più teso.
Non sappiamo la verità noi che non c’eravamo eppure siamo tutti qua (me
compreso che ieri ho anch’io dato la mia sentenza affrettata), alcuni dalla
parte del povero ragazzo morto, pronti a scarnificarne in carnefice e altri
convinti che la colpa sia della vittima. Nessuno, o quasi, capisce che qui, le
vittime, sono molte.
E non sanno la verità i marpioni, i soliti furbi, quelli che sanno
come manipolare l’informazione, che sanno parlare alla pancia della gente. Non
la sanno e non interessa loro. Quello che interessa è sfruttare al massimo questa
brutta storia per i loro squallidi tornaconti, politici, economici o chissà di
che altra natura.
Io ora voglio aspettare, perché so di non sapere e quindi non voglio
esprimere giudizi se non la grande tristezza e commiserazione per la perdita di
una vita umana. Aspetto di sapere la verità e nel frattempo guardo mestamente
lo squallido tendone di questo circo disumano che tutti stanno costruendo sul cadavere
ancora caldo di un uomo.
Luca Craia