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sabato 4 luglio 2015

ONLINE SI VENDE ANCHE LA MORTE - DI ANNA LISA MINUTILLO



C’è bisogno di evasione da un mondo che regala delusioni ogni giorno e le persone più deboli, quelle più fragili si rifugiano spesso nell’utilizzo di droga per sfuggire ad una realtà che ogni giorno gli sta sempre più stretta, ognuno ha il suo sistema per farlo: c’è chi ricorre all’alcool e chi alla droga illudendosi di avere forse una vita migliore e non mettendo in conto invece di quanto si diventi ancora più schiavi di qualcosa che modificherà per sempre la loro vita.
L’utilizzo di internet cresce in modo incontrollato sugli adolescenti, e non solo, e questo facilita di gran lunga la vendita di droga online con tutti i rischi che ne comporta.
Questo mercato non viene utilizzato solo dai consumatori, ma anche dai criminali di tutto il mondo che trovano nuovi mezzi per approvvigionarsi di ciò che serve: il classico contrabbando sembra si stia trasferendo su internet, ma non quello che tutti usiamo tutti i giorni.
È il deep web, quello che sfugge ai normali motori di ricerca, il posto ideale per trovare tutto ciò che è illegale, dalle droghe, alle pistole alla pornografia infantile.
Il “deep web” diventa accessibile solo attraverso l’utilizzo di specifici programmi finendo per collocare il mercato online della droga all’interno di un “zona grigia” dove sottile e offuscata è la linea di demarcazione tra il web indicizzato e quello nascosto. Sempre più spesso infatti molti siti rintracciabili dai motori di ricerca contengono ulteriori informazioni alle quali è possibili accedere solo attraverso servizi di software che consentono di mantenere l’anonimato, come ad esempio Tor, di cui si avvaleva il noto sito di commercio elettronico Silk Road, chiuso prima dall’FBI nell’ottobre del 2013 e successivamente dall’Interpool nel novembre del 2014.
La vendita online di droghe come un considerevole business a livello globale, aumenta la possibilità che il mercato online possa diventare in futuro una risorsa importante per incrementare il mercato della droga. Si tratta di una realtà in crescita, dove c’è business anche a costo della vita non si guarda in faccia niente e si procede.
Un ruolo fondamentale e attivo sarebbe quello dei social media, comprese le applicazioni per smartphone create per incoraggiare e favorire l’uso di sostanze illegali. Il 98% di queste si occupano di “come vendere marijuana” fornendo istruzioni per la produzione e la vendita.
Il mercato delle droghe sintetiche non è per niente statico. Proprio perché si tratta di sostanze prodotte in laboratorio, si può dare ampio spazio alla fantasia, soprattutto per sfuggire ai sequestri. E non solo per la produzione, ma anche per lo spaccio.
Negli ultimi anni, spiegano dal Dipartimento delle politiche antidroga, si è assistito alla messa in circolazione di nuove sostanze arrivate sul mercato per mano di nuove organizzazioni criminali, che per “spacciare” usano prevalentemente Internet o, in misura minore, “smart shop”, pubblicizzandole come sali da bagno, incensi, fertilizzanti, prodotti naturali o erbe mediche che di medico, però, hanno poco o nulla. «In realtà si tratta di potenti molecole di sintesi vendute sotto mentite spoglie, delle quali molte volte lo stesso acquirente non conosce l’esatta composizione». Molti di questi prodotti vengono preparati artigianalmente in laboratori fatiscenti e in condizioni igieniche scarsissime, messi in commercio su siti web specializzati con pagamento tramite carta di credito e spedizione attraverso i normali corrieri postali. Veri e propri siti di eco merce, insomma, la droga può essere consegnata comodamente a domicilio con pochi clic. È come comprare un libro su Amazon o su Ebay. Puoi ordinare cristalli di metanfetamina prodotti ad Albuquerque, New Mexico, e riceverli a Milano senza troppi problemi.
«Gli effetti sono grande energia, euforia ed empatia unite a un senso di piacevolezza». Ma che l’effetto sia piacevole non significa che queste sostanze non siano dannose. «Gli equilibri personali sono molto delicati», «Assumendo queste droghe si provoca un forte inquinamento per il cervello, e se ad assumerle sono persone giovani gli effetti sono più pericolosi perché il cervello è in formazione». Le conseguenze possono essere «malattie mentali, minori capacità, oltre a problemi di stabilità mentale». Non solo. Poiché queste sostanze agiscono sul corpo nella sua totalità, «generano una iperstimolazione fisica che può portare ad aritmie cardiache o altri problemi al cuore». Assumere droghe «è come giocare alla roulette russa sia con il corpo sia con la mente».
«La grande maggioranza assume queste droghe sintetiche solo saltuariamente, molti sanno di non essere dipendenti e quindi sono tranquilli. Ma sono persone che magari hanno disturbi del sonno, della sessualità, sbalzi di umore o ansia. Pensano che sono loro che sono fatti così, non collegano questi sintomi alle droghe». Sono persone che non vanno al pronto soccorso o nei centri di recupero per tossicodipendenti, e quindi non rientrano nel conteggio dei consumatori di droga. Ma «in realtà anche l’utilizzo sporadico di queste sostanze può rovinarti la vita in modo più sottile»
C’è una rincorsa continua tra ciò che è legale e ciò che è illegale. Si producono sempre nuovi prodotti che via via vengono vietati. Dall’altra parte i divieti per controllare e vietare la vendita portano alla produzione di sempre nuove sostanze.
C’è da domandarsi se non sarebbe stato meglio lasciare la possibilità di coltivarsi una piantina di cannabis sul balcone di casa piuttosto che vietare senza fornire alternative, ma forse in questo modo il problema si sarebbe risolto ed in questo mondo non patteggiamo per risolverli i problemi, ma sgomitiamo per crearne sempre di nuovi ai danni di chi molte volte cade in questa trappola proprio con l’intento di fuggire da un mondo che non gli piace anche solo per pochi minuti, questo non vuol dire giustificare tutto ed essere favorevole alla distruzione della vita ma averne forse maggiore rispetto ed evitare che si possa continuare a speculare con un semplice click che è lo stesso che si usa per cancellarla poi la vita delle persone , quasi come se non fossero mai esistite.

sabato 6 giugno 2015

COME SIAMO CADUTI IN BASSO! - DI ANNALISA MINUTILLO




Non ci sono parole davvero, oppure ve ne sono molte che sarebbe meglio non scrivere qui..
Cercherò di essere educata e rispettosa anche se venire a conoscenza di episodi di questo tipo mi fa davvero provare tanta di quella rabbia che mi tremano le mani e digitare mi diventa difficile.
Viviamo in un paese che si definisce Cristiano e non siamo in grado di donarla questa cristianità, di farla nostra e di regalarla a chi ne ha bisogno .
Non accade a migliaia di chilometri da noi ma accede a Caste Bolognese .
Terminano le scuole , si allestiscono i campi estivi occasioni di socializzazione ed anche di aiuto alle famiglie che avendo spesso entrambi i coniugi che si recano al lavoro possono trovare un luogo sereno in cui mandare i propri figli per trascorrere dei giorni di relax dopo la maratona della scuola che dura tutto l’anno.
Ma poi ci si reca e ci si trova davanti a cartelli che parlano chiaro: “i campi estivi sono riservati solo a ragazzi normali”.
Ma stiamo scherzando? , ci vogliamo divertire con questa ironia che non fa ridere nessuno tanto meno chi (suo malgrado) la subisce?
E gli insegnamenti che la morale cattolica di accogliere tutti professa da secoli ormai dove sono andati a finire? Non so davvero se dare la colpa ai primi caldi a cui non siamo abituati oppure ad alcuni cervelli che sono andati in pappa ma qui di seguito potete leggere ciò che è accaduto.
Saverio Tommasi, papà di una bambina disabile, ha scritto una lettera aperta all’Istituto dei Salesiani, che per i suoi campi estivi nel Bolognese ha deciso di accettare allievi provenienti anche da altre scuole, «purché siano ‘normali’», come recita testualmente l’avviso visibile in foto.
Ecco il testo della lettera.

Caro istituto Salesiano,

sono Saverio, il babbo di Caterina. Ma sarei potuto essere il papà di Giulia, Marco, Sofia, Carolina, Gabriele, Lucia e tantissimi altri.
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Sono il papà di una bambina speciale, quella che nei vostri centri estivi non prenderete perché l’avete selezionata come ‘non normale’. Vi scrivo perché ho tanti altri amici ‘non normali’ e vorrei chiedervi con precisione cosa intendete per ‘non normale’.
Luigi porta gli occhiali, per esempio. Giulia ha quattro anni e mezzo e non parla bene, ma sta migliorando. Sofia ha otto anni e non parlerà mai, è sorda, però capisce tutto e si relaziona abbastanza bene, anche se già non sopporta gli stronzi.
Carolina ha sei anni ed è vanitosetta, le piacciono le codine e le mollette colorate, ma le piace anche prestare le sue mollette colorate alle bambine che non ce l’hanno (e questo in effetti non è tanto normale).
Gabriele ha sette anni e ha bisogno di essere imboccato; Lucia ne ha sei e mangia da sola da quando aveva due anni, però ogni tanto si blocca e inizia a tossire fortissimo, fa un po’ impressione perché poi è costretta a risputare il cibo sul piatto e rimane quella poltiglia lì nella scodella che fa un po’ schifo e allora guarda il suo babbo e gli dice: “puoi toglierla per favore?”
Alessio è bellissimo, con quei suoi occhioni a mandorla, è cinese. Agnese è bellissima, con quei suoi occhioni a mandorla, lei però ha la sindrome di Down. Poi c’è Lorenzo che non cammina anche se ha dodici anni, però si muove alla grande spingendo la sua carrozzina che sembra Alex Zanardi negli ultimi cento metri. Una volta ha provato a fare un salto con la carrozzina dalle scale e sono caduti tutti e due in terra. E io gliel’ho detto subito: ‘Lorenzo, ma non sei normale!’
Insomma, il concetto di normalità è molto relativo, e vorrei sapere quello del vostro istituto religioso. Perché Cristo gli invalidi li guariva. Non si pretende che voi facciate miracoli, per carità, però la possibilità della convivenza pensavo fosse il minimo sindacale, ma anche la cosa più bella che dei bambini e delle bambine possono imparare in un centro estivo. Ma forse mi sbaglio io, e la cosa più importante è ridurre al minimo le rotture di coglioni.
Sperando di aver toccato le corde giuste, un saluto cordiale,

Saverio Tommasi
Sono caduti molti valori soprattutto quello del rispetto per le vite altrui, ci riteniamo preparati e formati ma poi tutto ciò che è differente da noi ci spaventa, non sappiamo come fare per interagirci ed invece di ammettere le nostre fragilità, le nostre difficoltà scegliamo la strada più semplice allontanando da noi ciò che non siamo in grado di accogliere come dovremmo.
Lo vediamo in differenti ambiti , consideriamo i gay delle persone “malate” da poter guarire addirittura con le preghiere (così come circola in questi giorni sul web).
Non sappiamo trovare punti di contatto fra le differenti culture che potrebbero insegnarci tanto ed a cui potremmo insegnare altrettanto.
Non riusciamo a guardare gli altri perché dovremmo guardare noi. Questo padre è stato ancora educato a scrivere in questo modo in questa lettera , ed è stato ancora fiducioso nel credere ancora in questo istituto cattolico ma è anche doveroso ricordare che molti sacerdoti proprio quelli che puntano il dito contro cose immorali per loro sono poi gli stessi che quelle cose immorali le fanno con i bambini che vengono loro affidati abusandone e non certo per fare loro del bene ma per rovinargli l’intera esistenza.
Non ci si dovrebbe ridurre a fare segnalazioni per ricevere accoglienza ed amore , queste cose non andrebbero richieste ma donate esattamente come ha fatto il Signore senza scegliere fra le persone quelle che ci sembrano più affini a noi o quelle che ci possono tornare utili (come va molto di moda ultimamente).
Se è vero che si è tutti sotto lo stesso cielo dimostriamolo, se non si è in grado di garantire il servizio perché occorre del personale formato e preparato procuriamoci questo personale e facciamo anche trovare un lavoro a chi lo sta cercando così le opere di bene diventano molteplici con un gesto solo.
Smettiamo di nasconderci e di isolare le persone , di creare ulteriori problemi a chi ne ha già di suoi, porgiamola l’altra guancia anche quando a toccare quella di questi “Don” saranno le mani di chi magari non è così solerte nell’apprendimento ma possiede lo stesso sangue che scorre nelle loro vene , smettiamo di far vergognare anche Dio con le brutture che non ha di certo creato lui ma la cattiveria degli “uomini”!

venerdì 5 giugno 2015

LA MORTE NON E’ MAI INDOLORE - DI ANNALISA MINUTILLO



La morte non può essere vista come qualcosa di piacevole o da accettare così semplicemente come se fosse niente.
La morte non è mai giusta nemmeno se viene causata da mano altrui, facciamo fatica ad accettare quella che avviene per cause naturali, per malattia, dovrebbe essere così in ogni caso.
E’ un argomento molto delicato questo, argomento che non può avere un solo angolo di osservazione e che deve comunque rispettare chi è stato vittima di ingiustizia, sia nel caso di una pena  inflitta e subita, sia nel caso di vittime per accadimenti violenti avvenuti per mano altrui, Le reazioni di sgomento e rabbia nel secondo caso sono lecite e comprensibili, questi parenti di vittime inconsapevoli di cattiveria gratuita hanno una cosa che li accomuna ai parenti innocenti dei carnefici, a coloro che non hanno commesso il fatto e a cui non viene data credibilità nonostante le prove fornite: il dolore devastante della perdita di qualcuno a loro caro. Questo non è quantificabile, non è risarcibile, è qualcosa che annienta, solo questo.
Non so quale insegnamento possa dare infliggere la stessa pena  a chi l’ha causata, non so se schierarsi come persone che si definiscono giuste e poi vedono nel proseguimento della violenza  la strada giusta da seguire, non so se lavare con il sangue l’offesa subita possa fare di loro delle persone migliori: non ho risposte a queste domande ma me le sono poste spesso.
Io che amo così tanto la vita, io che cerco di vedere sempre un lato positivo anche ,come in questi ultimi tempi, il mondo non offre scenari troppo allegri per essere ottimisti, sono un essere umano  con i miei dubbi, le mie curiosità.
Immagino non debba essere facile ricevere la notizia della perdita di una persona cara senza aver avuto la possibilità di un ultimo abbraccio, di un saluto, di una parola.
Dall’altra parte immagino  debba essere difficile restare tanti anni in carcere, isolati dai propri affetti, tentare disperatamente di dimostrare la propria innocenza e non ricevere credito.
Mi spaventano le generalizzazioni, mi spaventa la giustizia fai da te che spesso fa perdere il lume della ragione e spinge a imbracciare un’arma e iniziare a sparare a casaccio, mi spaventano le esasperazioni di questi ultimi tempi, gli animi tesi, e la perdita di obiettività.
Mi spaventano  però anche le decisioni prese con lggerezza, la facilità con cui vengono lasciati impuniti quelli che vengono colti in flagrante, così come mi spaventa questa propaganda della disonestà come esempio da seguire,  liberi di continuare a usare la buona fede altrui.
Mi spaventa che non vi siano interventi di tutela per le donne che denunciano i propri aggressori  e molte, troppe volte assistiamo a queste cronache di “morti annunciate”, mi spaventa l’indifferenza che diventa partecipazione solo quando ad essere coinvolti siamo noi in prima persona.
Difficile per me che amo la libertà, la vita, l’espressività in ogni sua forma pensare che di colpo queste cose potrei perderle perché a qualcuno viene in mente di rubarmele, difficile anche pensare a qualcuno che da innocente se le vede portar via e trascorre il resto dei suoi giorni appeso al filo della speranza di poter dimostrare il suo non coinvolgimento in ciò per cui viene accusato.
Lo scandire delle ore che diventano tortura, le ore scandite da chi viene privato della vita che diventano non vita e ricordi fra le parole di chi gli ha voluto bene.
Questo l’episodio che ha fatto scaturire queste riflessioni:
Huntsville,Texas, giustiziato Lester Bower Jr, dopo oltre 30 anni nel braccio della morte.
Il condannato, 67enne, è il detenuto più anziano a essere stato condannato alla pena capitale nel ‘Lone Star State’ per l’uccisione di quattro persone nel corso di una sparatoria avvenuta in un hangar, all’interno di un ranch nei pressi di Dallas.
Il fatto risale al 1983. Il movente dell’omicidio fu attribuito al furto di un piccolo aeroplano che una delle sue vittime voleva acquistare.
Lester Bower Jr si è sempre ritenuto innocente, facendo appello alla Corte Suprema anche tre ore prima della sua esecuzione definitiva. I giudici non ritennero attendibili le rivelazioni dei testimoni presenti in aula, i quali attribuivano i delitti ad alcuni trafficanti di droga presenti al momento della sparatoria.
Il tempo per cercare la verità è finito”. L’uomo era riuscito a ottenere  la revoca dell’esecuzione per sette volte: forse le prove d’accusa nei suoi confronti non erano così schiaccianti.
Molto è stato detto e scritto su questo caso. Ma la verità non è mai venuta fuori”. Con queste parole, Lester Bower Jr, è morto legato al lettino in seguito a una iniezione letale.
Gli Stati Uniti d’America fanno parte di quei paesi dove tutt’oggi viene applicata la pena di morte (abolita in 120 stati) come metodo di punizione legale dal sistema giuridico.
Inizialmente, due secoli fa, si applicava l’impiccagione davanti ai familiari delle vittime e semplici curiosi. Successivamente fu adottata la sedia elettrica inventata da Thomas Edison e introdotta negli Usa nel 1888: la morte avveniva attraverso scariche elettriche in tutto il corpo, una morte atroce e crudele sostituita con l’iniezione letale, veloce e indolore, quasi una anestesia totale.
E se realmente le cose stessero come ha sempre dichiarato questa persona? E se accadesse a noi? E se tutti questi anni non avessero insegnato che non serve a nulla colpire una persona per educarne cento?. E se non avessimo bisogno di violenza per risolvere i problemi?
Non credo esista un modo giusto per morire, non credo nella morte come sistema per creare delle soluzioni, non credo nel sangue che redime forse dovremmo educarci tutti diversamente. Forse dovremmo far si che il sistema legislativo assicurasse il rispetto delle norme da seguire, forse il sistema dovrebbe metterci nella condizione di credere ancora in esso,  forse siamo ancora immaturi per investire nella rieducazione, nella speranza.
Non posso e non voglio credere che non vi possano essere altre strade per migliorare noi stessi, ritengo solo che non dobbiamo lasciare spazio allo sconforto dimenticandoci di essere uomini e donne con un cuore che spesso dimentichiamo di usare.
Non voglio urtare la sensibilità di nessuno e nemmeno offendere chi non la vede come me ma non ci sto nel diventare colpevole esattamente come chi commette l’errore di rendersi giudice e arbitro della vita altrui.