Hanno avuto tutto il tempo, il
modo, il sostegno politico internazionale per poter far valere le loro ragioni.
Non lo hanno sfruttato preferendo la lotta armata, la violenza, la delinquenza
allo stato puro alla politica, alla trattativa, alla ragionevolezza. Eppure il
Popolo Palestinese aveva tutti i diritti di essere sostenuto, ascoltato,
compreso, e la loro causa era una causa giusta, da condividere. Uso il passato,
perché oggi non è più così. Dopo anni di attentati, di guerra civile, di bombe,
morti, fiumi di sangue, oggi l’ultimo capitolo, il rapimento dei tre ragazzi
israeliani, innocenti, civili, rapiti vigliaccamente e uccisi ancor più vigliaccamente,
segna definitivamente la parola fine sulle ragioni dei Palestinesi e ne
sancisce, da oggi in avanti, il torto, li porta sulla parte sbagliata della
storia, annulla ogni residua ragione, distrugge ogni motivazione di
solidarietà. Perché oggi i Palestinesi hanno deciso di non volere più avere
ragione, ma di volere essere considerati terroristi, assassini, delinquenti
della peggior specie. Con questo non sto condannando un popolo. Sto condannando
i leader di un popolo e una cultura che ormai condivide questo modo di agire
come se fosse un modo di fare politica. Essa è solo violenza, non più
giustificabile, non più giustificata. Oggi i Palestinesi hanno perso il diritto
a chiedere giustizia per la loro causa perché si sono dimostrati sanguinari, ottusi,
criminali quanti chi era ed è il loro nemico. La causa palestinese è persa per
tante ragioni. Ma è persa, oggi più che mai, per causa dei Palestinesi stessi.
Luca Craia