È stato scioccante vedere le crude immagini degli ultimi attentati di
matrice islamica. È terrificante pensare che uno o più uomini possano giungere
a questo grado di crudeltà. È incredibile pensare che non si possa più vivere
sicuri in un mondo che credevamo fosse un villaggio da percorrere con
tranquillità. La nostra epoca è contrassegnata da una crisi profonda che non
riguarda solo l’economia ma che tocca tutti i valori ai quali in molti crediamo
e che, con questi accadimenti terribili, vacillano fortemente.
Il terrorismo islamico ha un fondamento religioso, è inutile negarlo,
quandanche questo sia solo un paravento dietro il quale nascondere ben altri
fini. La matrice religiosa sta nella cultura che spinge a tanta crudeltà, nella
forma mentis di chi cresce vedendo i diversi come nemici da abbattere con la
massima crudeltà. È ovvio che non si può generalizzare e affermare che tutti
gli uomini di estrazione culturale islamica siano violenti o pericolosi, anzi.
Le prime vittime delle conseguenze del terrorismo musulmano sono i musulmani
stessi, specie quelli che vivono nei Paesi occidentali, i quali subiscono il
primo effetto di queste violenze: la diffidenza.
Però in questi giorni terribili chi ha responsabilità quantomeno
spirituali ha taciuto. E sempre tace in queste tragiche occasioni. I capi
spirituali islamici, che nel nostro occidente diventano anche punti di
riferimento politici per gli immigrati di fede o cultura musulmana, sanno
benissimo quali conseguenze la loro gente deve subire a causa degli atti
terroristici compiuti nel nome del loro dio. Ciononostante non reputano
necessario prendere le distanze e condannare in maniera ferma e decisa questi
atti di estrema violenza, per lo più compiuti contro quell’occidente che li ha
accolti e che gli dà di che vivere.
Prendono molte iniziative, gli Imam italiani, per cercare di far
passare il concetto di Islam moderato. Ho visto nel mio paese l’Imam girare per
le scuole, accompagnato dal Sindaco, per parlare coi nostri ragazzi e cercare
di appianare differenze e diffidenze. Ho visto prendere iniziative di scambio
culturale utilizzando cibo e tradizioni. Ho letto comunicati stampa la cui
intenzione è promuovere l’integrazione. Ma l’invito è sempre rivolto agli
occidentali e dice “accettateci”. Non vedo inviti rivolti a loro stessi con lo
stesso tono, non vedo la parola “accettiamoli” riferita a noi occidentali.
Soprattutto, in questi giorni, non sento una voce di condanna di
queste violenze. Non ho letto una riga che dichiari una forte presa di
distanza. Non ci sono comunicati stampa, iniziative, aperture verso quell’occidente
che ha aperto le porte e che ora è giustamente preoccupato. Non ci sono sforzi
per tranquillizzare, non ci sono messaggi che dicono in maniera chiara e decisa
“noi non approviamo”. Si dice che chi tace acconsente. Non voglio affermare
questo, ma certamente chi tace preoccupa. E forse è il caso di prestare
maggiore attenzione.
Luca Craia