Premetto che non sono un
militante del Movimento 5 Stelle, che sono in disaccordo su molti punti con il
Movimento 5 Stelle (su altri no), che non mi sogno nemmeno di fare propaganda
per il Movimento 5 Stelle con quello che sto scrivendo. Mi limito ad un’analisi
di quello che vedo e vedo che il motto “Vinciamo noi” utilizzato in campagna
elettorale è diventato veritiero, anche se non nei termini in cui,
probabilmente, lo si intendeva.
In effetti, che il Movimento 5
Stelle abbia perso, anche in malo modo, le elezioni mi pare innegabile e lo
stesso Grillo non dice il contrario ma tace. Ciononostante i pentastellati hanno
vinto o, quantomeno, stanno vincendo. Stanno vincendo su un piano morale,
stanno facendo passare, in maniera in qualche modo inconscia, la necessità di
moralizzazione della politica. L’antipolitica, questo termine che, in realtà,
non significa nulla perché si fa politica anche quando si è antipolitici, sta
mutando, lentamente ma inesorabilmente, il dna degli elettori che, anche
continuando a votare i vecchi partiti, le stesse persone, gli stessi programmi
fantasiosi e fantascientifici, ora cominciano a pretendere pulizia e onestà,
trasparenza e spirito di servizio. E gli stessi politici di altri schieramenti
cominciano a mutare anch’essi, lentamente ma inesorabilmente. È un processo
lungo ma è già iniziato. È proprio questa la vittoria del Movimento 5 Stelle.
Una vittoria che travalica il
risultato elettorale. La sconfitta alle elezioni è la sconfitta di un modo di
porsi nei confronti degli elettori o, meglio, dei cittadini che non paga più. È
la sconfitta della voce grossa, della parolaccia, del rifiuto della dialettica.
È la sconfitta di un atteggiamento arrogante e presuntuoso, anche se mosso da
buoni propositi. È la sconfitta dell’antieuropeismo a oltranza, non analitico e
non selettivo. È la sconfitta di quella tendenza fascistoide che,
evidentemente, spaventa. È la sconfitta di Beppe Grillo, non del Movimento 5
Stelle che, nonostante il responso delle urne, rimane la vera grande novità
politica (non antipolitica) in Italia. E rimane, forse, una grande speranza, a
patto che lo sconfitto Beppe riesca finalmente e farsi da parte, o che gli
stessi attivisti del Movimento riescano a mettercelo, da parte. Perché se il
Movimento riuscirà a evolversi e a diventare propositivo, analitico, a
scrollarsi di dosso quell’odore qualunquista e populista, quel sospetto di filofascismo,
ad affrancarsi da quel padre ingombrante e, oramai, dannoso, allora sì che
vincerà, anche nelle urne. Per intanto assistiamo alla rivoluzione morale che i
5 Stelle hanno innescato e che, forse, è quello che conta davvero.
Luca Craia