A L’Aquila
ci sono ancora undicimila sfollati, a otto anni dal terremoto che ha distrutto
gran parte del capoluogo abruzzese. E L’Aquila, non me ne vogliano gli amici
dei piccoli centri colpiti dall’ultimo terremoto, non è Ussita, Visso,
Castelluccio. L’Aquila è un capoluogo di Regione, una città grande e
importante, con una florida economia industriale. Eppure, dopo tanto tempo,
siamo ancora in alto mare. Ci sono stato a L’Aquila, recentemente. Il centro
storico è spettrale, anche con i tentativi di recupero in corso.
Eppure per L’Aquila
c’era un progetto. Era un progetto brutto, malfatto, malpensato e mal
realizzato. Ma c’era, fin dai primi giorni dopo l’evento. L’idea balorda di
Berlusconi di realizzare le cosiddette “newtown” fu messa in campo quasi
subito. Era un’idea completamente sbagliata. Ma c’era un’idea. Oggi, per i
paesi del centro Italia distrutti dal sisma, a quanto pare non c’è nemmeno l’idea.
La strada è
fondamentale per far rinascere un posto. Un luogo inaccessibile muore. La
statale della Valnerina doveva essere liberata immediatamente. Sono passati
due mesi dalla scossa e non si è visto nulla o quasi. Visso è isolata dalla
parte Umbra. Come può rinascere Visso così?
Qual è il
progetto per i paesi dei Sibillini? Vero, c’è un decreto, ma il progetto non si
vede. Cosa si intende fare? Ce lo dicano. Il tempo passa e la ferita continua a
sanguinare. E non mettono nemmeno i punti di sutura. C’è il grande impegno di Vigili
del Fuoco, Protezione Civile e volontari, ma non c’è l’idea precisa di cosa
fare. Ci sono le sparate dei vari Della Valle che vogliono portare l’industria
in montagna, ma non c’è una proposta per far ripartire l’economia autoctona,
che funzionava benissimo anche senza mettersi a fare le scarpe.
Vorrei fare
un augurio agli amici di Visso, di Arquata, di Castelluccio, di Castel Sant'Angelo e di tutti i
piccoli centri feriti dal terremoto: che il 2017 porti un progetto e che si
parta immediatamente con la sua realizzazione. Fino a oggi, solo parole al
vento.
Luca Craia