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martedì 7 febbraio 2017

L’irresponsabilità di aprire San Serafino dopo il terremoto. Tardi la riapertura.



Apprendiamo oggi dal Corriere Adriatico che l’Amministrazione Comunale di Montegranaro avrebbe miracolosamente ritrovato dentro qualche cassetto un vecchio progetto, addirittura dei primi anni 2000, per la ristrutturazione di San Serafino. Come abbiamo più volte raccontato su queste pagine, il progetto esisteva ed era noto, e si sapeva anche che non fu realizzato nella su interezza tanto che, ora se ne sono accorti pure loro, la sacrestia dietro il presbiterio era puntellata dalla fine degli anni ’90. Quindi che la chiesa di San Serafino non fosse sicura al 100% era cosa nota, anche se la dicevo solo io.
Dopo le scosse di questa estate si evidenziarono immediatamente delle filature importanti sulla volta e sulle pareti perimetrali, ma la chiesa fu tenuta aperta dopo un frettoloso sopralluogo da parte di tecnici comunali e, in base a questo sopralluogo, don Sandro, da me consultato, si disse tranquillo per celebrare normalmente nella chiesa. Solo dopo la scossa del 30 ottobre, quando caddero sui fedeli frammenti di intonaco, si decise di chiudere il tempio. Insomma, ci volle la prova provata che il pericolo c’era per indurre i responsabili a prendere una decisione di responsabilità.
Se oggi si parla di un intervento milionario per poter riaprire la chiesa significa che il danno c’era da prima della scossa del 30 ottobre, sia perché non è pensabile che il danno si sia manifestato solo dopo quest’ultima, sia perché, parlando di un progetto vecchio di una ventina d’anni, si dimostra che la sicurezza non c’era già da prima del terremoto, figuriamoci dopo la scossa di agosto. Quindi tenere aperta la chiesa già dal primo sisma è stato un atto di grave irresponsabilità, che ha fatto correre ai fedeli un rischio immotivato.
Ultima amara considerazione: vista l’entità del danno, che comunque rimane ipotetico visto che una perizia dettagliata ancora non è stata fatta, magari in attesa di qualche nuova scossa che peggiori la situazione, e viste le disponibilità economiche e le priorità che l’Amministrazione Comunale si sta dando, temo che i Montegranaresi rientreranno in San Serafino tra molto tempo.
                                      
Luca Craia

domenica 29 gennaio 2017

SS. Filippo e Giacomo. Siamo solo all’inizio.



Stasera sono tornato a messa nella chiesa dei SS. Filippo e Giacomo. Non ci andavo a messa da quando ero bambino, da quando servivo messa con don Manlio. Dalla sua riapertura c’ero entrato solo una volta perché avevo dei turisti in visita e li ho accompagnati. Ma facevo fatica a entrarci, perché sono uomo di carne e sangue, e la storia recente della chiesa mi aveva ferito. Una chiesa che ho molto amato, dai tempi di don Manlio, appunto; la chiesa di mia nonna, del battesimo di mio fratello.
Dovevo tornare in quella chiesa, chiusa per decenni, dopo le lotte che ho condotto per poterla salvare dal potenziale crollo, crollo che sarebbe senza dubbio avvenuto con l’ultimo terremoto se non si fosse intervenuti per ristrutturarla e, consentitemi senza falsa modestia, credo di aver contribuito anche io a salvarla, anche custodendola, prima del restauro, come fosse casa mia. Stasera si parlava di poveri di spirito che erediteranno il Regno dei Cieli e so che io non sarò fra di loro, ma sono consapevole di quello che ho fatto e dei risultati che ne sono conseguiti. Ciononostante, alla sua riapertura, sono stato escluso totalmente da ogni decisione e la cosa, essendo io di carne e sangue come sopra, mi ha ferito. Ora sto facendo pace con me stesso e rimarginando certe ferite, per cui ho voluto tornarci, a messa, a pregare il mio Dio, e l’ho fatto con grande emozione.
SS. Filippo e Giacomo non è a posto per niente. È in salvo, solida, non rischia più di crollare al primo soffio di vento o al primo accumulo di neve. L'intervento ha ripulito la volta e le pitture alte, ma ha escluso gli altari, le tele, i tabernacoli, la pala, gli affreschi del presbitero, ripuliti ma non restaurati. C’è tantissimo da fare: l’Immacolata dell’altar maggiore è in pessime condizioni. Abbiamo un progetto di restauro, fatto redigere da Arkeo, e servono circa 10.000 Euro. La Madonna del Carmine è messa anche peggio. L’altare laterale di destra è semidistrutto. Gli stucchi bassi sono massacrati. A spanne servono almeno 200.000 Euro. Che si fa?
SS.Filippo e Giacomo è l’unica chiesa superstite dal sisma, una specie di miracolo: i restauri, quelli che ho invocato per anni e che infine sono stati fatti, l’hanno salvata. Ma il resto è ancora tutto da fare. Che fa Montegranaro? La generosa, l’opulenta Montegranaro? Spero che non la lasci andare, non la lasci così, a metà, ferita. Intanto un pezzo tornerà presto al suo antico splendore, il Sacello Lauretano che stiamo restaurando con i fondi di Arkeo. Ma il resto non può essere lasciato così. Forza, diamoci da fare.
                                      
Luca Craia

venerdì 13 gennaio 2017

Trinità, la chiesetta dimenticata dei Conventati.



La chiesetta della SS.Trinità la possiamo trovare percorrendo, appunto, via Trinità, la strada che dalla chiesa di San Liborio scende fino a via Elpidiense Sud ed è situata circa a metà via, nell’unico lotto “verde” dell’area. Per capire che si tratta di una chiesa ci vuole un po’ perché, passando veloci, si vede soltanto un muro di mattoni che spunta tra la folta vegetazione. Avvicinandosi, però, si scopre un delizioso tempietto neoclassico completamente mangiato da una selva di erbacce e alberi spontanei, segno di come la chiesetta sia stata completamente dimenticata da tutti fuorché da chi ci abita vicino che, però, ormai l'ha metabolizzata come rudere.
Invece quel piccolo edificio ricoperto da rampicanti selvatici e nel centro del quale addirittura crescono alberi (il tetto non c’è più) era la cappella funebre della famiglia Conventati. Va ricordato che nell’area di cui parliamo esisteva l’antico cimitero cittadino, poi spostato nella posizione attuale alla fine del XIX secolo. Uniche testimonianze della presenza dell’antico camposanto sono la croce in ferro che si erge al centro dell’incrocio di fronte alla chiesa di San Liborio e, appunto, la chiesetta della Trinità. Molto probabilmente sotto il pavimento del tempio ci sono ancora le tombe di alcuni Conventati.
A quanto sappiamo la chiesa risulta di proprietà del Comune. È ancor più
stupefacente, quindi, lo stato di abbandono in cui versa. Nessuno si è mai preso la briga almeno di tenere pulita l’area che, oltretutto, è sita al centro di un quartiere densamente popolato. Inoltre non vi sono recinti, per cui esiste anche la possibilità che qualcuno, magari un bambino, possa avventurarvisi all’interno con enormi pericoli.
Sarebbe quantomeno opportuno ripulire l’area dalle erbacce in modo tale da poter accedervi e fare gli opportuni rilievi, sia per quanto riguarda la staticità dell’edificio sia per quanto riguarda la parte archeologica della quale proporrei che sia Arkeo ad occuparsi (presentai domanda al Comune per questo già nel 2014). Nel frattempo raccomando a tutti di non avvicinarsi, sia per non assumere rischi inutili sia per non rovinare ulteriormente un altro dei piccoli tesori dimenticati di Montegranaro.

Luca Craia

giovedì 5 gennaio 2017

San Serafino, futuro fosco. Prima viale Gramsci


Il porticato di San Serafino, foto pubblicate su L'Ape Ronza il 17 novembre 2016

Stamattina anche il Corriere Adriatico, finalmente direi, si occupa della situazione della chiesa di San Serafino. La domanda che si pone Pagliariccio è quella che su queste pagine ci veniamo facendo già dallo scorso agosto, quando si manifestarono le prime preoccupanti crepe che furono sostanzialmente ignorate dai tecnici comunali che lasciarono la chiesa aperta al pubblico fin quando la scossa del 30 fece capire a tutti quanta leggerezza ci fosse stata in quella decisione. Quando riaprirà San Serafino?
La parete di fondo, verso il Campo dei Tigli, spaccata e spanciata.
Io la vedo molto scura. Vi spiego perché. Primo, la vedo scura perché, se si usa la stessa solerzia e perizia utilizzate finora, visto quanto sopra e visto che, fino a poco fa, i nostri amministratori affermavano tranquillamente che i danni fossero lievi, fino a quando, foto alla mano, abbiamo dimostrato che tanto lievi non fossero. Ma il motivo principale del mio pessimismo è un altro: i soldi. Non ci sono soldi, questo è certo, a meno che non si prendano risorse destinate ad altri interventi. Ma, vista la caparbietà con la quale si perseguono obiettivi che sono prioritari solo nella testa dei nostri amministratori, vedi viale Gramsci, se si vuole intervenire occorrerà attendere che arrivino eventuali fondi per la ricostruzione post terremoto. E non è per adesso. Quindi rassegniamoci: San Serafino riaprirà, forse, se non succede nient’altro, tra qualche anno.

Luca Craia