Bisogna essere realisti: non è nelle manifatture il futuro
dell’Italia. La nostra competitività cede il passo allo strapotere asiatico e
non riusciamo a sopperire con la qualità. L’Italia ha urgente necessità di
riconversione e la svolta può e deve venire soltanto da chi ci governa,
impostando la virata che ci riporti ad essere un Paese ricco e progredito. Siamo
seduti su una miniera d’oro e non ce ne rendiamo conto. L’Italia possiede oltre
l’80% del patrimonio culturale mondiale e non lo sfrutta, anzi, lo lascia
deperire.
Investire e incentivare lo sfruttamento turistico del nostro
immenso patrimonio artistico, storico e ambientale è l’unica strada
percorribile per superare la crisi del nostro sistema produttivo. Nessuno può
essere concorrenziale sul piano dell’offerta congiunta tra cultura e territorio
come l’Italia. Nessun Paese al mondo possiede tanto e nessun Paese al mondo può
coniugarlo ad un territorio così articolato tra mare, montagna e collina.
In particolare l’Italia peninsulare e, nella fattispecie,
quella centrale, possiede peculiarità uniche al mondo, tanto da poter offrire l’escursione
dal mare ai monti nell’arco della stessa giornata, coniugandolo con la visita
alle miriadi di piccole ma importanti città d’arte di cui le nostre regioni
sono punteggiate.
Per fare in modo, però, che tutto questo diventi
remunerativo è necessario investire e programmare, cosa di cui, sembra, la politica
non è più capace. Occorre mettere in campo investimenti significativi
sottraendoli ad altre aree produttive e questo richiede coraggio politico e
capacità decisionale. Inoltre è fondamentale programmare gli interventi e il
tipo di politica che si vuole innescare. Uno Stato che lascia crollare i suoi
monumenti più importanti, che richiude in casse polverose gran parte delle
opere d’arte che possiede, che impedisce anziché incentivare l’intervento
privato, uno Stato composto da uomini che non riescono nemmeno a programmare l’ordinaria
amministrazione del Paese può essere in grado di scelte politiche così decisive
e che possano invertire l’intera mentalità del Paese produttivo?
Luca Craia