Visualizzazione post con etichetta cultura. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta cultura. Mostra tutti i post

mercoledì 1 febbraio 2017

Capitale della cultura: le Marche restano al palo. Che trema



Peccato. Un’occasione d’oro buttata via dalla solita politicuccia italiana, fatta di amici di amici, di tumicapisci, di telefonate e ammiccamenti. Sì, perché è questo che ha fatto scegliere Palermo come capitale della cultura, preferendola alla bella ma poso sponsorizzata Recanati. È il trionfo del potere dei grandi politici e dei grandi territori, dei grandi numeri e dei grandi interessi. È anche il trionfo della mediocrità italiana. Per carità, Palermo come città merita il titolo fuori da ogni dubbio. Ma una Nazione che, in un momento come questo, non riconosce l’opportunità di nominare una città simbolo di un territorio ferito dagli eventi recenti è una Nazione che non si cura di se stessa, che non capisce che il piede ferito va curato anche se è lontano dalla testa.
Un’occasione persa per sostenere un territorio in difficoltà, una difficoltà legata alla natura che ha infierito e continua a infierire ma anche a una politica incapace e inetta, quella nazionale, cieca e lontana e quella locale. Ed è anche la dimostrazione lampante di quanto poco peso politico abbia la nostra Regione e chi la rappresenta. Recanati politicamente poteva competere co difficoltà con la forte Palermo di Leoluca Orlando, ma la Regione poteva pesare di più. Evidentemente, parlando di peso, le Marche si confermano Regione estremamente leggera, ma lo sospettavamo.
Peccato. Però c’è un fatto positivo: si è palesata l’inutilità di profondere sforzi in queste iniziative che nulla hanno a che vedere con qualità dell’offerta, logica e utilità per il Paese. Sono iniziative di facciata, sterili, e parteciparvi è uno spreco di risorse. La stessa reazione del Ministro, un Franceschini dichiaratamente sorpreso per la resistenza di Recanati fino all’ultimo, testimonia come in certe decisioni non ci sia spazio per l’imponderabile, per la sorpresa dei film a lieto fine. Pazienza. Faremo da soli.
                                      
Luca Craia

venerdì 23 settembre 2016

L’Anffas all’ospedale vecchio. Una buona notizia. Ora toccherebbe all’Ente Presepe.



Da residente nel centro storico e da cittadino che da decenni si batte per il suo recupero e valorizzazione non posso che accogliere con grande favore l’apertura di una sede ANFFAS all’interno del convento agostiniano, meglio conosciuto come Ospedale Vecchio. È una buona notizia che va, finalmente, nella giusta direzione, quella di far vivere il paese antico con iniziative durature e con attività che portino la gente nel centro storico, a scoprirlo, a ridargli linfa vitale.
L’idea di fare dell’antico palazzo un polo culturale e associativo è ottima e va percorsa con decisione. Purtroppo fino a oggi non è stata questa la strada che, invece, ha visto creare nello stabile, che riveste un ruolo urbanistico fondamentale all’interno del centro storico, una sorta di ghetto per extracomunitari grazie a un regolamento per l’assegnazione delle case popolari sbagliato e iniquo. L’arrivo dell’onlus dà finalmente un segnale diverso che mi auguro non rimanga solo un segnale.
Il centro storico necessita di interventi come questo, che certamente non sono la soluzione ma solo parte di essa, ma che comunque vanno e possono essere attuati fin da subito. Già la presenza della Banda Omero Ruggieri, che ha anch’essa sede nell’Ospedale Vecchio da diversi mesi, è un fatto positivo al quale si aggiunge questo nuovo piccolo passo nella giusta direzione. Ovviamente tutto questo va supportato da politiche specifiche che, però, purtroppo ancora non si vedono.
C’è anche la richiesta dell’Ente Presepe, già ufficializzata lo scorso anno, di avere uno spazio all’interno dell’ex nosocomio; richiesta che, fino a oggi, ha ottenuto solo degli inspiegabili dinieghi verbali. C’è da augurarsi che l’apertura della sede dell’Anffas segni un cambio di direzione e che anche l’associazione che raccoglie la gran parte dei sodalizi culturali e non di Montegranaro possa avere la sua sede nell’Ospedale Vecchio, in modo che davvero si dia una connotazione culturale e associativa allo spzio.

Luca Craia

lunedì 19 settembre 2016

Calcinaro: cosa si può fare solo usando il buon senso.



Credo che la città di Fermo necessitasse di un sindaco come Paolo Calcinaro. Una cittadina da sempre capoluogo di un territorio prima che di una provincia, con potenzialità enormi e inespresse, non poteva continuare a essere amministrata come un paesello di poche anime e senza ambizioni. Fermo può molto, per se stessa e per il territorio di cui è il vertice naturale, e la mancanza di politiche che ne facessero la punta di diamante dell’alto Piceno stava affossando non solo Fermo ma tutto il circondario.
Poi è arrivato Paolo Calcinaro, che ha capito cosa fare: usare il buon senso. Calcinaro ha preso una città fantasma e l’ha trasformata, nel giro di pochi mesi, in una città viva e vitale, piena di iniziative, attrattiva e attraente. Fermo fa il pieno ogni fine settimana, raccoglie visitatori e avventori da tutto il territorio e non solo, e questo muove un’economia che sta diventando importante, la riapertura dello storico Caffè Belli lo testimonia. Quindi non solo prestigio ma anche e soprattutto ricchezza e lavoro.
Come è giunto a questi risultati il sindaco di Fermo? Usando il buon senso, dicevamo; assecondando le idee, dando spazio alle iniziative, aprendo il Comune alle proposte. Così nasce una serie infinita di eventi che vede la città palcoscenico e cornice ideale, con costi bassi sia per gli operatori che per la collettività ma con risultati elevatissimi. Ora quello che gli amministratori dei paesi del territorio dovrebbero fare è di seguire Calcinaro, approfittare della spinta propulsiva di Fermo e agganciare a questo treno, che sta partendo già veloce, il loro vagoncino, facendo partire il Fermano come zona di proposte turistiche appetibili e apprezzabili. La materia prima, del resto, c’è. Non solo a Fermo troviamo vestigia e testimonianze culturali di alto livello, tutto il Fermano ne è pieno. Sfruttando questo patrimonio si crea ricchezza. Ma bisogna usare il buon senso, come ha fatto Calcinaro. Purtroppo non tutti ne sono capaci.

Luca Craia