Ho cercato in ogni modo di non
parlare della questione “Gaza” perché la ritengo talmente complessa che non la
si possa trattare nel ristrettissimo spazio che la comunicazione via web ci
consente. Stasera, però, ho avuto la sventura di assistere al Tg2 che, in
rapida sequenza e senza apparente logica, ha trasmesso un servizio che piangeva
stile mariadefilippi i bambini morti palestinesi, giustamente, perché i bambini
sono solo da piangere in questi casi, e subito dopo si indignava per le scritte
antisemite comparse a Roma.
Allora capiamoci, perché bisogna
cercare di capire, nonostante non abbia io la pretesa di capire né di far
capire. La questione palestinese è vecchia come il mio compianto nonno. Nel
frattempo sono accadute tante cose. Per esempio è accaduto che i Palestinesi
abbiano preferito perorare la loro causa, perfettamente legittima e condivisibilissima,
anziché su un piano diplomatico, politico, sociale, su quello militare,
dichiarando guerra a quello Stato che allora era ancora illegittimo e che si
chiamava Israele. Dichiarare guerra a uno Stato illegittimo equivale a legittimarne
l’esistenza. Quando poi la guerra la si perde in sei giorni, portandosi dietro
nella sconfitta mezzo medio-oriente, è tutto un dire su quali siano i progetti
politici di questa gente.
Da quel momento Israele ha
cominciato a essere Stato legittimo, perché attaccato, perché difesosi, perché ha
dimostrato al mondo di avere le carte in regola per esistere. I Palestinesi, al
contrario, hanno dimostrato, a partire da allora, di essere solo dei
guerrafondai, con tutte le ragioni del mondo dalla loro parte, ma adusi alla
violenza e, in quanto tali, non assimilabili a qualsiasi tipo di
interlocuzione. Del resto la scena del compianto (purtroppo, perchè poi è
venuto ben peggio) Arafat con la pistola all’Onu è, o dovrebbe essere, ben
presente nella mente di chiunque si permetta di parlare della questione.
I Palestinesi avevano ragione.
Avevano. Gli Ebrei hanno rubato, pagato invero ma a quattro soldi, le loro
terre e ci hanno impiantato un nuovo Stato col placet del mondo semplicemente perché
gli Ebrei avevano i soldi e poi erano reduci dall’olocausto. Ma sono stati
abilissimi, i Palestinesi, a passare dalla ragione al torto, con decenni di
terrorismo in terra di Palestina e internazionale. Gli episodi li tralascio,
stanno sui libri di storia. Nel frattempo hanno continuato ad attaccare
militarmente e terroristicamente Israele che, sia per aver vinto la guerra che
per una sorta di usucapione storica, ormai ha tutto il diritto di esistere.
Faccio una parentesi umana.
Immaginate di essere un pacifico ebreo tedesco o italiano, scappato dal
genocidio nazista. Immaginate di avere fondato la vostra vita in uno Stato che
vi prometteva la Terra Promessa.
Immaginate di venire quotidianamente bersagliato da missili (miccette, se
vogliamo, che se vi pigliano in testa vi ammazzano) da parte dei Palestinesi. Immaginate
di prendere un autobus con la paura di saltare in aria per un attentato. Immaginate
di temere per i vostri figli ogni giorno che vanno a scuola. Non sareste voi
intransigenti nei confronti di chi rifiuta ogni dialogo, rifiuta ogni
mediazione preferendo le armi? Poi, si sa, gli ebrei hanno i soldi, e con i
soldi si comprano le armi. Somiglia alla storia del cagnolino rompicoglioni che
gira intorno al cane grosso legato alla catena. Se si scatena il cane grosso lo
frantuma.
In sostanza la ragione sta in
mezzo, come sempre. Da una parte un popolo privato della sua terra ma che la
sua terra non l’ha mai posseduta davvero, dall’altra un altro popolo che ha
subito di tutto, che ha potenziale economico e che lo spende per crearsi una
patria, calpestando gli altri in nome del calpestio subito nei secoli. Il
problema è che i Palestinesi hanno scelto, democraticamente (forse) Hamas. E
Hamas non fa politica, spara. E se spari in risposta non puoi aspettarti che
spari di reazione. E se gli spari di reazioni vengono da un cane più grosso, ma
tanto, più di te, che pensi di ottenere? Allora sposti i civili in modo che
vengano colpiti. Cerchi il vittimismo, Ti fai uno scudo del sangue dei tuoi.
Il giornalismo internazionale è
colpevole. È colpevole di antisemitismo, di razzismo, dei morti che non si
fermano. Perché basterebbe ragionare e far ragionare. Israele ha torto ma, dopo
settantanni, ormai ha ragione. C’è una
via di mezzo che si chiama negoziato, che non può passare per i tunnel per fare
gli attentati, per i razzi quotidiani, per i kamikaze islamici imbottiti di
tritolo, per le tregue unilaterali non
rispettate a caccia di altro sangue per piangere le proprie vittime. I bambini
morti li hanno ammazzati in due: Israele e Hamas. Se non capiamo questo non se
ne esce, e la colpa, fondamentalmente, è della stampa che poi si indigna per i
manifesti antisemiti di Roma che hanno generto loro, giornalisti fasulli.
Luca Craia