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mercoledì 25 gennaio 2017

Due Montegranaresi al vertice di Confindustria. Complimenti a Ciccola.



Innanzi tutto vorrei fare i miei complimenti ed esprimere soddisfazione per l’elezione di Enrico Ciccola alla guida della Sezione Calzaturieri locale. Ciccola, come ho già avuto modo di esprimere in passato, ha enormi capacità imprenditoriali e riesce a coniugarle con una grande passione in tutto ciò che fa (lo ricordiamo battagliero leader del comitato per la salvezza dell’ospedale montegranarese) accompagnata da una non trascurabile onestà, bene che sta diventando sempre più raro. Il suo ruolo non sarà certo facile, come si vede chiaramente degli albori del suo incarico disturbati da dichiarazioni velenose e dannose per tutta la categoria, ma non ho dubbi sulla sua fermezza e determinazione. Del resto se ha deciso di spendersi in questo ruolo importante è perché evidentemente conta di portare un contributo rilevante.
È un momento particolare per la calzatura in generale e per il distretto fermano, patria e culla di questa produzione industriale e artigianale così importante per l’export italiano. Siamo in una fase estremamente difficile, forse come mai nella storia è stato registrato. Per questo ritengo che avere due concittadini ai vertici, l’ottimo Giampietro Melchiorri che già sta dando bella prova di sé da qualche tempo, e il nuovo eletto Ciccola, sia un fatto molto positivo per la città. Certo, nessuno dei nostri due imprenditori possiede la bacchetta magica, ma se sapranno lavorare in sinergia, come credo sia nelle cose, porteranno senz’altro effetti positivi alla nostra economia cittadina prima e territoriale poi. Servono idee, iniziative, propositività e la coppia Melchiorri-Ciccola pare avere tutte queste caratteristiche.
Per cui auguro a entrambi di trovare la giusta sintonia e andare avanti a testa bassa per il risultato, incuranti dei giochetti dei poteri forti che già stiamo vedendo in azione, e dei tentativi di strumentalizzazione di basso conto come il prossimo inutile Consiglio Comunale montegranarese sulla crisi. Il mondo della calzatura ha bisogno d’altro.
                                      
Luca Craia

lunedì 23 gennaio 2017

La legalità costa. Trecento Euro per un tavolo.



Si parla ormai da diverso tempo del fantomatico “tavolo della legalità”, istituito presso la Provincia di Fermo, al quale aderiscono diversi Comuni del Fermano nonché istituti scolastici e altri Enti e Istituzioni. Il Tavolo servirebbe, nelle intenzioni, a promuovere la cultura della legalità attraverso non meglio specificate iniziative. È nato nel 2012 e, da allora, in quanto a risultati ha prodotto ben poco, visto che la cultura della legalità è ben lungi dall’essere diffusa e, in quanto a sforzi per promuoverla, al di là di singoli incontri e convegni, si è fatto veramente poco se non andare in direzione contraria.
A tal proposito ricordo i casi di Montegranaro e Monte Urano, comuni autodefinitesi “car friendly” perché contrari all’uso della sanzione per punire chi viola le regole, nella fattispecie quelle del Codice della Strada. Comuni talmente friendly con chi non rispetta le regole e, quindi, ha un comportamento contrario alla legalità, che l’ammontare annuo delle contravvenzioni elevate sfiora il ridicolo. Ciononostante si vuole promuovere la cultura della legalità. Quando si dice predicare e razzolare differentemente. Solo che la semplice adesione a questa tavolata di amici costa 300 Euro all’anno solo di iscrizione. Ora, non che la cifra sia astronomica, ma un minimo di coerenza sarebbe auspicabile O, se proprio si vuole essere incoerenti, almeno che sia gratis.
                                      
Luca Craia

giovedì 19 gennaio 2017

Omicidio Emmanuel Chidi, è finita? Speriamo.



La sentenza di primo grado emessa nei giorni scorsi circa il processo relativo all’omicidio del Nigeriano Emmanuel Chidi per mano del fermano Amedeo Mancini sembra aver messo la parola fine a questa tristissima vicenda per la quale, oltre al morto, la vittima è Fermo e il Fermano. La sentenza scrive una verità che, dato il patteggiamento, viene accettata da ambo le parti e, quindi, va assunta per vera fintanto qualcuno non voglia riscriverla ricorrendo in appello. Ma finchè la sentenza è questa, a questa ci atteniamo.
Credo, da osservatore esterno anche se coinvolto in quanto cittadino del Fermano danneggiato, come tutti gli altri Fermani, dalla brutta immagine del nostro territorio scaturita dalla vicenda, che la sentenza sia giusta e che dovrebbe pacificare gli animi e le tifoserie. E quando parlo di tifoserie non mi riferisco agli ultras più volte citati dai media nel racconto dei fatti; piuttosto mi riferisco agli schieramenti popolari, abilmente manovrati da politici, politicanti, affaristi di vario livello e media servili.
La verità che esce dal Tribunale di Fermo parla di un uomo violento, Mancini che, dopo una vita di violenze più o meno gratuite compiute in nome di qualcosa che assomiglia allo sport e di ideologie bislacche riconducibili a una fantomatica destra che esiste solo nella testa di personaggi come lui, incappa nell’errore fatidico, esagera e uccide un uomo. Omicidio preterintenzionale, con l’aggravante del razzismo, questa è la sentenza, parla chiaro. Ma ci sono le attenuanti, e una, importantissima, è quella legata alla provocazione da parte del Nigeriano, che avrebbe reagito in maniera sproporzionata all’offesa generando la rissa dalla quale è uscito vittima. Uno scontro tra due violenti, quindi, in cui il razzismo ha una sua valenza, certo, ma rimane legata a quel mondo bislacco di cui sopra, in cui dire sporco negro è più o meno come dire schifoso laziale.
Cosa c’entra Fermo? Niente. E non c’entrano i Fermani. E non c’entra un territorio tacciato di razzismo, di xenofobia, passato su televisioni e giornali come culla dell’odio razziale grazie alla manipolazione delle informazioni a uso e consumo di interessi politici, economici e dello stesso processo. Si era parlato di class action, di iniziative popolari a difesa dell’immagine della gente del Fermano. Si è fermato tutto, giustamente. Non serve altro clamore, ora serve silenzio, serve il tempo col quale il Fermano possa rimarginare la ferita. Servirebbero delle scuse da parte dei grandi teatranti attori della vicenda, dei politici venuti a fare passerella al Duomo di Fermo, degli ecclesiastici urlatori che ora, invece, tacciono; dei giornali, dei vari Vespa e cloni di Vespa. Ma alla fine, quello che servirebbe più di tutto, è un sano e rispettoso silenzio. E auguriamoci non vi siano appelli in giudizio.
                                      
Luca Craia