A me dà molto fastidio, anzi, mi
fa arrabbiare. Ogni anno tocca assistere a questa tristissima gara a quale
morto sia più morto e a quale carnefice sia più carnefice. È più cattivo il
nazistone o il comnunistaccio di Tito? Sono morti peggio gli Ebrei nei forni o
gli Istriani nelle foibe? Tutto ciò mi manda davvero in bestia perché, vedete,
secondo me è proprio per queste mentalità che tutta quella gente innocente è
morta. È questa costante contrapposizione tra uomini che porta a queste mostruosità, questa necessità di schierarsi gli uni contro gli altri anche quando
si dice la stessa cosa. Perché il punto è questo: se ci fa orrore il campo di
sterminio ci deve per forza fare orrore la foiba. E viceversa.
Giocano su questo, i potenti. La
divisione tra gente pensante è una cosa su cui lavorano da sempre, è quella che
fa prendere loro maggior potere, è il fulcro tramite il quale riescono a
spostare il mondo a favore dei loro interessi. Così ci fanno dividere tra
juventini e milanisti, tra terroni e padani, tra comunisti e fascisti, tra pro unioni omosessulali e contro. E anche
quando parliamo di concetti universali, di valori che non dovrebbero essere più
messi in discussione come la vita stessa e il diritto di viverla, riescono a
spaccarci.
Lo dico da sempre: contesto l’esistenza
di due celebrazioni distinte. È per questo che, per me, il Giorno della Memoria
racchiude la celebrazione e il ricordo di tutte le vittime della violenza
politica e dei totalitarismi. Continuare a celebrare separatamente vittime
della stessa disumanità, anche quando rivestita di involucri differenti,
contribuisce a creare i presupposti perché quella disumanità sia potenzialmente
rinnovabile nella storia futura. Ricordiamo le vittime tutte insieme: sono
vittime della stessa cattiveria, dello stesso orrore, che si chiami comunista,
fascista, nazista, o in mille altri modi diversi. Il genocidio, la violenza
politica, la sopraffazione del potente sul più debole con ogni forma di
violenza deve essere condannata con la stessa forza dagli uomini di buona
volontà. Altrimenti siamo noi stessi complici di quella violenza.
Luca Craia