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lunedì 31 agosto 2015

L’attacco alla civiltà occidentale e il suicidio della passività.


Il tempio di Bel, a Pamira, distrutto ieri dall'Isis

È uno scontro tra culture a tutti gli effetti quello che sta mettendo in atto l’Isis. Stanno attaccando la civiltà occidentale, la nostra civiltà, col chiaro intento di distruggerla. Questo è dichiarato ed è palese nei fatti. Poco importa se l’Isis è o non è creatura dell’occidente come qualcuno vuol fare intendere. I loro intenti non cambiano. La distruzione sistematica delle vestigia della nostra cultura, la propaganda sanguinaria, l’uccisione di occidentali come fossero mosche non è una pantomima ad uso e consumo della politica espansionistica degli USA, è un attacco a tutti gli effetti. Fosse vera la strumentalizzazione americana dell’Isis sarebbe vero anche il contrario con i risultati che stiamo vedendo.
Sono molto preoccupato, non solo per la violenza cieca e barbara che questi selvaggi islamici stanno perpetrando. Sono preoccupato per la reazione, anzi, per l’assenza di reazione da parte dell’occidente. Non c’è indignazione, non c’è iniziativa, non c’è volontà di difendersi. L’atteggiamento di additare a razzista chiunque parli di problema culturale con l’Islam sta annichilendo ogni forma di difesa razionale della nostra cultura.
L’Islam è antitetico alla nostra civiltà. Noi siamo gli infedeli e dobbiamo essere annientati. Non esiste Islam moderato, esiste l’Islam silenzioso, quello che osserva i fatti e gli attacchi all’occidente e non si dissocia ufficialmente approvandoli ufficiosamente. Non sento una voce dagli islamici che vivono in occidente, non vedo alcuna iniziativa solidale, non leggo parole di condanna per gli attacchi che l’occidente, nel quale essi vivono, anzi, del quale essi vivono, deve subire.
Mentre gli Islamici dell’Isis tagliano teste e distruggono i nostri tesori noi siamo impegnati a difendere posizioni di principio antiche e superate dai fatti, posizioni della vecchia sinistra più accademiche che realistiche. Non c’è dibattito culturale su cosa fare e come difendersi perché ogni forma di dibattito è annichilita da posizioni intransigenti e radicali. Intanto milizie musulmane distruggono Palmira e minacciano Roma. Ci arriveranno, a Roma, se non ci svegliamo.

Luca Craia

lunedì 16 giugno 2014

Ucraina: guerra tra economie. E muoiono gli innocenti



C’è l’economia russa, basata su rapporti mafiosi, equilibri di potere fondati su meccanismi che ancora si riferiscono all’antica Unione Sovietica, traffici la cui liceità  è quasi indimostrabile, una potenza economica che sopravvive grazie ai muscoli e grazie al ricatto, specie quello fondato sulla fornitura di energia, di gas. C’è poi l’economia cosiddetta occidentale, quella della globalizzazione sfrenata, quella che decide della vita e della morte dei popoli – e delle persone – come se parlasse di quante pecore mandare al macello per Pasqua, quella che si inventa le guerre per rilanciare i mercati e ammazza dittatori solo per crearne di nuovi. In mezzo c’è un Paese che si chiama Ucraina, un paese che fa da unico sbocco al mare occidentale per la Russia, un Paese sul cui suolo passa tutto il gas che proviene da quest’ultima e alimenta l’Europa. Poi capita che l’Ucraina decide secondo la propria sovranità e scoppia il finimondo.
Un finimondo, però, di cui non si parla. Si, per carità, i nostri telegiornali ci vendono notizie preconfezionate, facendoci temere per il prossimo inverno, per il prezzo dell’energia che salirà, ci dipingono i filo-russi come criminali e glissano sui governativi ucraini che, invece, sono solo leggermente nazisti che utilizzano metodi nazisti. L’Ucraina ha deciso secondo diritto, se vogliamo, cosa fare sul proprio suolo. Ma non è così semplice. Non si può pensare che la Russia lasci stare una situazione che la porta a chiudersi dentro sul lato occidentale. Non si può nemmeno pensare che l’occidente non colga l’occasione per mettere lo zampino nel cuore dell’ex URSS.
Così scoppia una guerra, una guerra che sta mietendo vittime civili in numeri spaventosi, che sta producendo atrocità inimmaginabili ma che, a noi occidentali, non vengono raccontate. Come si risolve la questione? Col buon senso, senza calcolatrice, lasciando fuori i calcoli economici dal raziocinio della trattativa. Lo so che non si può: viviamo nel mondo che depone e fa impiccare Saddam Hussein raccontando fandonie su armi di distruzione di massa inesistenti, un mondo che fa trucidare Gheddafi e lascia cadere nella guerra civile tutto il Maghreb. Il nostro è un mondo che sta facendo i calcoli sul gas, non su quanti morti questa guerra idiota sta facendo, non su quanti bambini vengono ammazzati in nome delle due economie che si fronteggiano lungo il confine ucraino.

Luca Craia