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venerdì 5 giugno 2015

LA MORTE NON E’ MAI INDOLORE - DI ANNALISA MINUTILLO



La morte non può essere vista come qualcosa di piacevole o da accettare così semplicemente come se fosse niente.
La morte non è mai giusta nemmeno se viene causata da mano altrui, facciamo fatica ad accettare quella che avviene per cause naturali, per malattia, dovrebbe essere così in ogni caso.
E’ un argomento molto delicato questo, argomento che non può avere un solo angolo di osservazione e che deve comunque rispettare chi è stato vittima di ingiustizia, sia nel caso di una pena  inflitta e subita, sia nel caso di vittime per accadimenti violenti avvenuti per mano altrui, Le reazioni di sgomento e rabbia nel secondo caso sono lecite e comprensibili, questi parenti di vittime inconsapevoli di cattiveria gratuita hanno una cosa che li accomuna ai parenti innocenti dei carnefici, a coloro che non hanno commesso il fatto e a cui non viene data credibilità nonostante le prove fornite: il dolore devastante della perdita di qualcuno a loro caro. Questo non è quantificabile, non è risarcibile, è qualcosa che annienta, solo questo.
Non so quale insegnamento possa dare infliggere la stessa pena  a chi l’ha causata, non so se schierarsi come persone che si definiscono giuste e poi vedono nel proseguimento della violenza  la strada giusta da seguire, non so se lavare con il sangue l’offesa subita possa fare di loro delle persone migliori: non ho risposte a queste domande ma me le sono poste spesso.
Io che amo così tanto la vita, io che cerco di vedere sempre un lato positivo anche ,come in questi ultimi tempi, il mondo non offre scenari troppo allegri per essere ottimisti, sono un essere umano  con i miei dubbi, le mie curiosità.
Immagino non debba essere facile ricevere la notizia della perdita di una persona cara senza aver avuto la possibilità di un ultimo abbraccio, di un saluto, di una parola.
Dall’altra parte immagino  debba essere difficile restare tanti anni in carcere, isolati dai propri affetti, tentare disperatamente di dimostrare la propria innocenza e non ricevere credito.
Mi spaventano le generalizzazioni, mi spaventa la giustizia fai da te che spesso fa perdere il lume della ragione e spinge a imbracciare un’arma e iniziare a sparare a casaccio, mi spaventano le esasperazioni di questi ultimi tempi, gli animi tesi, e la perdita di obiettività.
Mi spaventano  però anche le decisioni prese con lggerezza, la facilità con cui vengono lasciati impuniti quelli che vengono colti in flagrante, così come mi spaventa questa propaganda della disonestà come esempio da seguire,  liberi di continuare a usare la buona fede altrui.
Mi spaventa che non vi siano interventi di tutela per le donne che denunciano i propri aggressori  e molte, troppe volte assistiamo a queste cronache di “morti annunciate”, mi spaventa l’indifferenza che diventa partecipazione solo quando ad essere coinvolti siamo noi in prima persona.
Difficile per me che amo la libertà, la vita, l’espressività in ogni sua forma pensare che di colpo queste cose potrei perderle perché a qualcuno viene in mente di rubarmele, difficile anche pensare a qualcuno che da innocente se le vede portar via e trascorre il resto dei suoi giorni appeso al filo della speranza di poter dimostrare il suo non coinvolgimento in ciò per cui viene accusato.
Lo scandire delle ore che diventano tortura, le ore scandite da chi viene privato della vita che diventano non vita e ricordi fra le parole di chi gli ha voluto bene.
Questo l’episodio che ha fatto scaturire queste riflessioni:
Huntsville,Texas, giustiziato Lester Bower Jr, dopo oltre 30 anni nel braccio della morte.
Il condannato, 67enne, è il detenuto più anziano a essere stato condannato alla pena capitale nel ‘Lone Star State’ per l’uccisione di quattro persone nel corso di una sparatoria avvenuta in un hangar, all’interno di un ranch nei pressi di Dallas.
Il fatto risale al 1983. Il movente dell’omicidio fu attribuito al furto di un piccolo aeroplano che una delle sue vittime voleva acquistare.
Lester Bower Jr si è sempre ritenuto innocente, facendo appello alla Corte Suprema anche tre ore prima della sua esecuzione definitiva. I giudici non ritennero attendibili le rivelazioni dei testimoni presenti in aula, i quali attribuivano i delitti ad alcuni trafficanti di droga presenti al momento della sparatoria.
Il tempo per cercare la verità è finito”. L’uomo era riuscito a ottenere  la revoca dell’esecuzione per sette volte: forse le prove d’accusa nei suoi confronti non erano così schiaccianti.
Molto è stato detto e scritto su questo caso. Ma la verità non è mai venuta fuori”. Con queste parole, Lester Bower Jr, è morto legato al lettino in seguito a una iniezione letale.
Gli Stati Uniti d’America fanno parte di quei paesi dove tutt’oggi viene applicata la pena di morte (abolita in 120 stati) come metodo di punizione legale dal sistema giuridico.
Inizialmente, due secoli fa, si applicava l’impiccagione davanti ai familiari delle vittime e semplici curiosi. Successivamente fu adottata la sedia elettrica inventata da Thomas Edison e introdotta negli Usa nel 1888: la morte avveniva attraverso scariche elettriche in tutto il corpo, una morte atroce e crudele sostituita con l’iniezione letale, veloce e indolore, quasi una anestesia totale.
E se realmente le cose stessero come ha sempre dichiarato questa persona? E se accadesse a noi? E se tutti questi anni non avessero insegnato che non serve a nulla colpire una persona per educarne cento?. E se non avessimo bisogno di violenza per risolvere i problemi?
Non credo esista un modo giusto per morire, non credo nella morte come sistema per creare delle soluzioni, non credo nel sangue che redime forse dovremmo educarci tutti diversamente. Forse dovremmo far si che il sistema legislativo assicurasse il rispetto delle norme da seguire, forse il sistema dovrebbe metterci nella condizione di credere ancora in esso,  forse siamo ancora immaturi per investire nella rieducazione, nella speranza.
Non posso e non voglio credere che non vi possano essere altre strade per migliorare noi stessi, ritengo solo che non dobbiamo lasciare spazio allo sconforto dimenticandoci di essere uomini e donne con un cuore che spesso dimentichiamo di usare.
Non voglio urtare la sensibilità di nessuno e nemmeno offendere chi non la vede come me ma non ci sto nel diventare colpevole esattamente come chi commette l’errore di rendersi giudice e arbitro della vita altrui.