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mercoledì 1 febbraio 2017

Capitale della cultura: le Marche restano al palo. Che trema



Peccato. Un’occasione d’oro buttata via dalla solita politicuccia italiana, fatta di amici di amici, di tumicapisci, di telefonate e ammiccamenti. Sì, perché è questo che ha fatto scegliere Palermo come capitale della cultura, preferendola alla bella ma poso sponsorizzata Recanati. È il trionfo del potere dei grandi politici e dei grandi territori, dei grandi numeri e dei grandi interessi. È anche il trionfo della mediocrità italiana. Per carità, Palermo come città merita il titolo fuori da ogni dubbio. Ma una Nazione che, in un momento come questo, non riconosce l’opportunità di nominare una città simbolo di un territorio ferito dagli eventi recenti è una Nazione che non si cura di se stessa, che non capisce che il piede ferito va curato anche se è lontano dalla testa.
Un’occasione persa per sostenere un territorio in difficoltà, una difficoltà legata alla natura che ha infierito e continua a infierire ma anche a una politica incapace e inetta, quella nazionale, cieca e lontana e quella locale. Ed è anche la dimostrazione lampante di quanto poco peso politico abbia la nostra Regione e chi la rappresenta. Recanati politicamente poteva competere co difficoltà con la forte Palermo di Leoluca Orlando, ma la Regione poteva pesare di più. Evidentemente, parlando di peso, le Marche si confermano Regione estremamente leggera, ma lo sospettavamo.
Peccato. Però c’è un fatto positivo: si è palesata l’inutilità di profondere sforzi in queste iniziative che nulla hanno a che vedere con qualità dell’offerta, logica e utilità per il Paese. Sono iniziative di facciata, sterili, e parteciparvi è uno spreco di risorse. La stessa reazione del Ministro, un Franceschini dichiaratamente sorpreso per la resistenza di Recanati fino all’ultimo, testimonia come in certe decisioni non ci sia spazio per l’imponderabile, per la sorpresa dei film a lieto fine. Pazienza. Faremo da soli.
                                      
Luca Craia