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venerdì 27 gennaio 2017

Gli Italiani si adeguano e non mangiano maiale



Trovo gravissimo, non tanto per l’episodio in sé quanto per quello che rappresenta, quello che è accaduto “Villaggio Container” di Tolentino, la mensa allestita per gli sfollati a causa del terremoto. La notizia, apparsa ieri su diversi notiziari online e oggi è su carta sul Corriere Adriatico è stupefacente: è apparso su un bancone un cartello con una scritta che recita “le pietanze preparate per la mensa del villaggio container non contengono maiale”. Ora, tutti sappiamo che la carne di maiale non è così salutare nel caso se ne faccia abuso, ma un consumo medio non dovrebbe comportare eccessivi rischi. Allora perché questa premura di eliminare dalla dieta degli sfollati la carne suina?
Pare si tratti di una forma di riguardo verso ospiti di religioni che non mangiano maiale. Quanti sono? Non si sa esattamente, ma certamente una percentuale esigua, tanto da non giustificare tanta premura. E qui scatta il ragionamento: se l’italiano, che ha il maiale nella sua dieta quotidiana da sempre, non è più libero di mangiarne quando si trovi nell’impossibilità di procurarsene da solo, e questo avviene perché, anziché eventualmente preparare delle pietanze apposite per i pochi che non si nutrono di maiale per precetto, lo si toglie direttamente dal menu.
È un segno. Certo, probabilmente lo si è fatto per semplificare, per far scorrere il lavoro, ma rimane un segno. È il segno che la nostra cultura, i nostri usi, le nostre stesse esigenze, per quanto noi possiamo essere (ancora) maggioritari nel nostro Paese, passano in secondo piano di fronte a una politica che si atrofizza su posizioni morali e ideologiche non condivise. E la mia preoccupazione è per il futuro, perché temo che si cominci col maiale e si finisca con la letteratura.
                                      
Luca Craia

venerdì 16 gennaio 2015

Un conto è la satira, un conto l’insulto.



Premetto che ripudio ogni forma di violenza e che nulla giustifica quanto accaduto in Francia alla redazione di Charlie Hebdo, nessuno è autorizzato a fare del male, men che meno a uccidere un altro essere umano per nessun motivo al mondo. Premetto anche che la libertà di opinione e di espressione è sacra come ogni libertà, tenendo conto però che la libertà di ognuno finisce dove comincia quella degli altri. Premetto anche, e in conseguenza a quanto ho appena detto, che condanno fermamente l’attacco al giornale parigino.
Fatte queste premesse, però, vorrei illustrare il mio modesto punto di vista sulla stessa pubblicazione che, a mio parere, tutto è tranne che un giornale satirico. La satira può e, consentitemi, deve essere tagliente, cattiva, altrimenti non è satira. Ma deve avere un fine nobile, deve perseguire un ideale, deve essere uno strumento per far passare un messaggio positivo, sia esso politico o morale. E, comunque, deve avere un rispetto di fondo verso le persone. Nel caso di Charlie Hebdo non mi pare che questo fine esista o, almeno, io non lo vedo. Prendere in giro miriadi di persone per la loro religione è stupido, cattivo, irrispettoso e, soprattutto, gratuito. Qual è lo scopo di mortificare chi crede in qualcosa? Qual è lo scopo di offendere tutti i musulmani del mondo? Tutti i cattolici del mondo?
Credo, quindi, che a Parigi si sia commesso un crimine disumano. Ma che questo crimine abbia poco o niente a che vedere con la libertà di stampa, con il diritto di opinione e con la satira. Charlie Hebdo è sempre stato un giornale moralmente discutibile che utilizza l’insulto gratuito per vendere qualche copia in più. Ciò, ovviamente, è inutile dirlo, non deve essere una giustificazione per quanto accaduto. Serve solo a chiarire il punto.

Luca Craia