Non sono un
esperto di economia per cui vi trasmetto il mio dubbio, che è il dubbio dell’uomo
di strada, che fa due conti e che magari questi conti non tornano. Magari
qualcuno più ferrato di me in questioni macroeconomiche e in economia del
lavoro può darmi qualche lume.
Il dubbio
che mi pongo riguarda la dicotomia tra quanto afferma il Premier sul ponte di
Messina e la politica di integrazione dei migranti. In sostanza, non riesco a
capire perché si vorrebbe fare, almeno a chiacchiere, il ponte sullo stretto,
non tanto per la necessità che si senta dello stesso, quanto per creare posti di
lavoro e, nello stesso tempo, si siglano accordi periferici, sventolati in pompa magna,
come nel caso del Comune di Montegranaro, per impiegare i richiedenti asilo
come lavoratori volontari.
Se è vero
che spendere soldi pubblici, tanti, per creare una struttura costosissima, antieconomica, molto
probabilmente inutile, di impatto ambientale criminale, potenzialmente
pericolosa e poco duratura nel tempo, sarebbe comunque cosa buona in quanto
darebbe lavoro a centinaia di persone, è anche vero che, utilizzare e, se
vogliamo, sfruttare i richiedenti asilo per lavori socialmente utili senza
pagarli, pur facendo risparmiare qualche centesimo alle casse dello Stato,
nella fattispecie, dei Comuni, posti di lavoro ne toglierebbe.
Perché,
vedete, io che non capisco quasi niente di economia, ho l’impressione che i
lavori socialmente utili svolti gratis dai volontari involontari richiedenti
asilo, non ci fossero i volontari involontari, li farebbe qualcun altro, magari
pagato, quindi in questo modo è vero che si risparmia, ma si togliere lavoro, creando
conseguentemente un danno, piccolo o grande che sia, all’occupazione e al PIL. O
no?
Luca
Craia