Ho riletto con
interesse, con dolore e con rabbia ciò che disse Elisabeth de Moreau d’Andoy al
Convegno “L’Alto Medioevo Carolingio in
Val di Chienti”, il 5 luglio 2015 a Montegranaro, e che trovate più sotto, e cosa ha poi
scritto, in Inglese, nel suo ultimo libro “Charlemagne,
The Dark Secret”, facendolo sapere a chi legge l’Inglese in tutto il
pianeta. Elisabeth de Moreau d’Andoy ha scritto che noi Italiani abbiamo distrutto alcune “prove
storiche” nel mausoleo di San Paolino in
Falerone, oltre alle tombe profanate di aristocratici, di cui sarebbe stato
importante rilevare il DNA; “prove storiche” che avrebbero avallato ciò che da
trenta anni il professor Giovanni
Carnevale ed altri vanno sostenendo: ossia, che Carlo Magno era qui, in provincia di Macerata, in Val di Chienti, con
la sua Cappella Palatina e la sua Aquisgrana, lasciando le sue tracce
nella provincia di Macerata e di Fermo. Con ciò, Aquisgrana e la Cappella
Palatina non erano ad Aachen in
Germania.
Si può politicamente
capire che la Chiesa non mosse ciglio quando Federico Barbarossa, sconfitto in Italia, traslò le spoglie di
Carlo Magno e le suppellettili della Cappella Palatina da San Claudio al
Chienti ad Aachen. L’obiettivo della Chiesa era quello di occupare le terre
lasciate dagli eredi di Carlo Magno. Ma continuare fino a tempi recenti ad
occultare, o a distruggere nella stessa Abbazia
di San Claudio le prove monumentali storiche, insieme alle salme degli
Imperatori e dei Papi ivi sepolte, come avvenne nel 1926 col restauro dell’Abbazia
di San Claudio, e successivamente, dopo
il 2011, come è avvenuto a San Paolino
di Falerone, fa pensare ad una sciatteria, ad un disinteresse, ad una
mancanza di amore, di strategia da parte delle stesse comunità locali e dei
loro amministratori, nonché ad una mancanza di controllo da parte chi deve
tutelare monumenti e Storia. Ossia la Sovrintendenza. Nessuno pensa che
distruggendo le nostre eccellenze monumentali e artistiche si distrugge, come
minimo, il nostro Turismo?
Anche nel
Comune di Corridonia si è permesso di distruggere, per comprensibili interessi
privati, la fisionomia di edifici medievali. Oggi, questi non sono più edifici
medievali, ma edifici resi moderni, seppure
costruiti con mattoni d’epoca. Ultimo sfregio, recentissimo, è stato verso l’unico edificio rimasto del XV
secolo, con il rimaneggiamento di finestre d’epoca per renderle più “fruibili
oggi. Come ha fatto il Comune di
Corridonia ad approvare questo scempio?...
Abbiamo foto di
Corridonia di fine Ottocento, o inizi del 900 in cui si vede un portale
medievale in pietra di una chiesa, poi distrutto. Abbiamo la foto della merlatura
del palazzo vescovile medievale, poi eliminata. Purtroppo, erano epoche in cui
gli edifici storici non erano tutelati
dalla legge 1089/1939. Corridonia è la battistrada dei Comuni che si fanno
vanto di modernizzare, distruggendo. C’è stata pure la mania dei nuovi nomi
della città (Pausula prima e Corridonia poi), in voga nel XIX e nel XX secolo;
una mania che dimostra che si è voluto
cancellare perfino il ricordo di Montolmo, città importante nella Storia della
Marca Fermana.
Il mausoleo di
San Paolino è stato distrutto una manciata di anni fa. Cosa dobbiamo pensare
degli amministratori e dei cittadini di Falerone e della Soprintendenza regionale?
Giorgio Rapanelli
Elisabeth de Moreau d’Andoy
Convegno di Montegranaro
05/07/2015
L’ALTO MEDIOEVO CAROLINGIO IN VAL
DI CHIENTI
I Franchi erano un popolo venuto
dal Nord. Lo dicono più scrittori altomedievali come per esempio Sidoine
Apollinaire che, nell’anno 458, li descriva come biondi ed alti. Niente da che
vedere con le popolazioni celtiche già stanziate da secoli in Europa centrale
dall’Irlanda alla Russia esclusa, fino all’Italia Centrale. I Celti erano bassi
e bruni. Per convincersene, basta visitare il museo archeologico di Ancona che
ha corredi di tombe Celtiche.
E dal momento che parliamo del
museo archeologico di Ancona, è da notare che non esistono reperti dei pezzi
archeologici: ne di quelli messi in mostra, ne di quelli tenuti nei depositi. Non
c’è una lista dei reperti archeologici che si trovano al Museo Nazionale delle
Marche e ancora di meno nei suoi depositi.
Personalmente non penso che sia
una questione di pigrizia o di imperizia. Penso che la non tracciabilità è
voluta.
Opacità totale è la parola
d’ordine.
Questi Franchi si sono coagulati
nella Gallia Belga verso l’anno 350. La Gallia Belgica,
come la chiamavano i Romani, comprendeva il Belgio-Lussemburgo, il Nord della
Francia e una fetta di Germania. Questi Franchi avevano già un re nell’anno 400:
Théodomer. I primi re Franchi conosciuti della dinastia dei Merovingi erano
Franchi Salii e avevano come capitale Tournai in Belgio.
Il bisnonno di Carlo Magno,
Pipino ii di Herstal, governava il
regno dei Franchi in nome del Re Merovingio.
Il nonno di Carlo Magno: Carlo
Martello era un grande generale del Re Merovingio Thierry iv, in Gallia.
I Merovingi hanno allargato il
loro regno fino al colpo di stato del 753 quando un’altra famiglia imparentata,
la famiglia di Carlo Magno, ha preso il potere. Sui Merovingi, ci sono più di
dieci fonti scritte e importanti ritrovamenti archeologici. Ci sono gli annali
della famiglia regnante, ma ci sono pure gli annali e gli archivi privati di
certe grande famiglie Franche che esistono tutt’oggi. Ho potuto consultare tre di
questi archivi.
E’ a Tournai
in Belgio che è stato trovato il meraviglioso tesoro di Re Childéric.
Nell’Impero Romano vigeva la
stessa situazione che troviamo oggi in Italia: c’è la lingua ufficiale che è
l’Italiano, ma sussistono i dialetti. Nell’Impero Romano c’era il Latino come
lingua ufficiale e le varie lingue del mosaico di popoli che lo componevano.
I Franchi
avevano la loro lingua come tutti.
Basta leggere il nome dei loro re
e grandi nobili per capire che non sono nomi latini, ne celtici e neanche
germanici: Theodomer, Clodion, Mérovée, Clovis, Cholart, Clodovald, Teutomer,
Richomer, Arbogast, Audofleda, Lanthide, Alboflède, Clothilde, Thierry,
Clothaire, Childebert, Childéric, Gontran, Thibaut ecc. Più nomi hanno il suffisso “mer”. In
sanscrito, metr vuol dire costruttore senza parlare di Childeric: il figlio di
Eric. La storia ufficiale dice che la loro lingua era il “Francique”. Ma il
Francique è già un miscuglio di lingua Franca e di lingua Germanica. Dunque la
lingua originale dei Franchi non è il Francique.
Ho cominciato una lista di parole
che sono sicuramente in lingua franca. Sono molto affini al sanscrito, la
lingua sacra Indiana, il che vuol dire che la lingua dei Franchi era ancora
molto vicina alla lingua madre dei Indo-Europei.
La loro lingua è sparita ma ne
hanno parlato più scrittori, per esempio Eginardo, che ha scritto che Carlo
Magno stava compilando un dizionario. Donizone ancora all’inizio del xii° secolo, nella sua Vita di Mathilde,
qualificava la bionda Mathilde di Canossa di “Franca” che parlava la sua lingua
“bella e sonora” (questo esclude il tedesco e l’olandese).
Foto 2
All’epoca di Carlo Magno cioè nel
secolo viii, Aachen (erroneamente
chiamata Aquisgrana) non era in Germania. Si trovava nella Gallia Belga, nella
diocesi di Tongres. Questa diocesi fu fondata nel iv° secolo da San Servais, e diventerà poi la diocesi di
Liegi.
E’ soltanto
nel xvi° secolo che passò alla
Germania.
La storia che riguarda Aachen
deve dunque essere cercata in quella di Liegi, piuttosto che nella storia della
Germania.
Se Aachen si fosse chiamata
Aquisgrana o Aquisgranum in Francese, si dovrebbe necessariamente ritrovare
questa informazione nella storia del territorio di Tongres/Liegi. Invece, non
c’è.
Stranamente,
questa parola non esiste né nei dizionari, né nelle enciclopedie francesi.
I libri di storia altomedievale di
Liegi colpiscono per la totale assenza di Carlo Magno e dei Carolingi, a
partire da Carlo Martello, nonno di Carlo Magno.
Un altro dettaglio illuminante è
questo: la diocesi di Tongres/Liegi avrebbe
dovuto essere la prima diocesi dell’Impero dal momento che la sede degli
Imperatori d’Occidente avrebbe dovuto essere sul suo territorio. Invece, non se
ne parla mai.
L’impero di Carlo Magno non pare, poi, aver avuto alcun ruolo nella
sua vita ordinaria.
Logicamente, Carlo Magno avrebbe
potuto essere tumulato ad Aachen, dal momento che la sua famiglia era
originaria della zona di Liegi. Ma i Carolingi avevano lasciato la Gallia Belga due
generazioni prima.
Ogni anno,
più di un milione di turisti vanno ad Aachen per vedere la tomba di Carlo
Magno.
C’è un
problema però: ad Aachen, non è stata trovata nessuna tomba di Carlo Magno.
Invece la tomba di Carlo Magno era
stata aperta nell’anno mille dall’Imperatore Ottone iii e dal suo amico il Conte di Lomello. Quest’ultimo ha raccontato
la sua esperienza ad un monaco che l’ha consegnata nel Chronicon
Novaliciense.
Descrive una tomba ipogea, con i
muri e il soffitto coperti di marmo. L’imperatore era seduto in mezzo su un
trono con la corona in testa e un scettro in mano.
Se si fa un minimo di ricerca, si
trova che le tombe sedute di personaggi importanti
sono presenti in tutte le nazioni che hanno ricevuto l’influenza delle
popolazioni ariane, cioè in tutti i paesi che hanno una tradizione
indo-europea, dall’Atlantico al Nord dell’India.
La tomba di
Carlo Magno non è l’unica cosa che non è stata trovata ad Aachen e dintorni.
Non c’è neanche
la sua capitale, la fondazione della quale è descritta dal poeta franco
Angilberto.
Quando i Tedeschi hanno scavato
il suolo per posare le fogne pubbliche della città di Aachen, quando hanno
costruito i sottopassaggi per le macchine ed i parcheggi sotterranei, avrebbero
dovuto trovare la capitale di Carlo Magno.
Invece, non
hanno trovato nulla.
Vediamo
adesso il duomo di Aachen.
Foto 2
Non ho
bisogno di dirvi che questa è una cattedrale gotica – si vede.
Quando uno fa notare a certi
storici tedeschi che il duomo di Aachen è una cattedrale gotica, rispondono che
la cappella palatina è la parte ottagonale con la cupola carolingia a bolla di
sapone.
Invece, nella letteratura altomedievale,
compresa una lettera scritta da Alcuino all’Imperatore, la cappella palatina è
stata descritta avere una pianta quadrata con quattro pilastri o colonne, articolata
su due piani aperti al centro, dotata di una cupola e di due torri scalari ai
suoi lati.
Qui ci
presentano una parte di fabbricato ottagonale.
Oggi,
vediamo appeso al centro della ”cupola carolingia” un enorme
candelabro di bronzo. Ufficialmente, questo manufatto è un dono votivo del
Barbarossa vissuto nel xii° secolo.
Ma neanche questo è credibile.
La
cupola attuale è molto resistente perché è rinforzata da cerchi metallici.
Questa cupola è dunque costosa, il che non sarebbe servito a nulla senza il
candelabro. Ma all’epoca di Carlo Magno, non si utilizzavano cerchi metallici
di rinforzo.
Foto 3
È
abbastanza assurdo immaginare che la cupola abbia potuto essere costruita per
ordine di Carlo Magno intorno all’anno 770-80 per sostenere unicamente il suo
stesso peso, e che poi, circa 400 anni più tardi, si sia inserito proprio al
centro questo enorme candelabro del Barbarossa che pesa più tonnellate. Senza
parlare del problema tecnico del suo fissaggio, la cupola dell’ottavo secolo,
sarebbe crollata.
Sembra dunque che la cupola sia stata costruita per ospitare l’enorme
candelabro e non il contrario.
Albrecht
Dürer, il grande artista tedesco, risolve il problema della cosiddetta “cupola
carolingia”. Nel suo disegno datato 1520 non c'è ancora nessuna cupola!
L’anno
1520 poi è l’anno dell’incoronazione dell’Imperatore Carlo Quinto d’Asburgo nel
duomo di Aachen. Dürer era presente e questo conferma che conosceva benissimo i
luoghi che ha disegnato.
Ci
sono altri disegni tedeschi della stessa epoca che fanno vedere il duomo di Aachen
sempre senza la “cupola carolingia”.
Foto 4
Sappiamo per certo che Teodolfo, teologo, poeta, vescovo di
Orléans, uomo di fiducia di Carlo Magno e uno dei suoi più potenti missi si
fece costruire a Germigny-des-Prés nei pressi di Orléans in Francia, un
oratorio sul modello della cappella palatina di Aquisgrana. Teodolfo stesso la
descriveva come una “basilicam miri operis, instar eius quae Aquis est
constituta“, cioè una bellissima basilica edificata sul modello di quella di
Aquis.
Foto 5
Ecco Germingy-des-Prés. Secondo
voi assomiglia ad Aachen?
Adesso, vediamo la pianta. Come vedete, è quadrata, con 4 colonne
o pilastri e corrisponde alle descrizione della cappella palatina di Carlo
Magno che abbiamo. E’una pianta che conosciamo poiché più chiese di questa zona
delle Marche hanno la stessa.
Foto 6
Germigny-des-Prés
Adesso vediamo la pianta di
Aachen.
Foto 7
Aachen
Vi sembra che Germigny-des-Prés fosse
stato copiato su Aachen?
I commenti dell’esperto
tedesco Arnold
Nasselrath per la mostra al Vaticano su Carlo Magno nel 2002, Carlo
Magno a Roma, sembrano
confermare che il Duomo di Aachen non risalga affatto all’ottavo secolo. Più
precisamente, a pagina 103 del catalogo dell’esposizione scrive:
“Vi
sono crescenti dubbi che sia stato proprio Carlo Magno l’ideatore di questa
perfetta scenografia (di Aachen). È più probabile che essa sia stata realizzata
nel periodo ottoniano e attribuita a Carlo Magno a sostegno del mito creatosi
intorno alla sua figura. In tal caso la simbologia scelta appositamente dai
successori di Carlo Magno si sarebbe trasformata in interpretazione storica,
senza che nessuno se ne accorgesse.”
Gli ultimi scavi archeologici
effettuati ad Aachen, diretti dall’architetto Andreas Schaub, sono stati
catastrofici dal punto di vista dei Tedeschi. Per vedere che
cosa c’è sotto il coro, sotto il resto della cattedrale e soprattutto l’atrio
dove poteva essere la tomba di Carlo Magno, si sono anche scavati dei tunnel.
Risultato? non c’è assolutamente nulla.
Questi scavi dimostrerebbero che,
a parte per qualche pietra di epoca romana e un pezzo di legno, non c’è nulla
di anteriore al xii°-xiii° secolo.
Gli scavi si sono chiusi con un comunicato stampa dello Schaub che dice proprio
questo.
Ci sarebbe dunque un divario di
quattro secoli tra la costruzione del duomo di Aachen e l’epoca di Carlo Magno.
Un articolo è stato pubblicato in:
Der Spiegel il 19.05.2010 e poi
ripreso dalla stampa specialistica nel mondo intero. Per esempio in “Archaeological News”.
Sfortunatamente, da allora il Länder Nordrhein-Westfalen, ha
pubblicato libri che sostengono il contrario: cioè che il duomo di Aachen è
tutto carolingio.
Sarà perché
non vogliono perdere i turisti?
Abbiamo
visto velocemente che Aachen, quasi sicuramente, non è Aquisgrana.
Vorrei adesso parlare di un altro
elemento che ha la sua importanza nella storia altomedievale: le Alpi.
Perché ci sono anche legittimi
dubbi sulla teoria storica che fa andare più Papi a visitare Pipino il Breve o passare
il Natale con Carlo Magno nel Nord della Gallia.
Cominciamo
con il viaggio di Papa Stefano ii.
La ricostruzione accettata del viaggio e dell’incontro tra Stefano ii e Pipino il Breve nel 752 è
quantomeno sorprendente. Il papa dichiarò che andava in Francia e la storia ufficiale lo fa
partire da Pavia verso Nord, per la
Gallia, in pieno inverno. Gli si fa passare le Alpi – con
tutto il suo seguito di diverse centinaia di persone, di cardinali e di
prelati, accompagnati da una scorta militare, da servi e cavalcature –
attraverso valichi chiusi dalla neve.
Abbiamo tre
fonti medievali che descrivono questo viaggio verso la Francia
in modo completamente diverso. E in questo caso, il testo Latino dice proprio Francia. Non dice Gallia.
Voglio nominare le tre fonti perché non sono da meno:
il Liber Pontificalis propriamente detto, Andrea Agnello Ravennate nel suo Liber
pontificalis ecclesiae ravennate e Anastasius Bibliothecarius.
Riferiscono tutti tre un altro percorso per Papa
Stefano ii da Pavia a Sanctum
Dionysium (Saint-Denis) in Francia. Partiva da Pavia dove aveva
avuto un diverbio col re Longobardo. Invece di partire per il Nord, è partito
in direzione Est e si è recato a Ravenna. Da lì è ripartito verso Sud passando dal
Monte Giove. E’ entrato
in Francia dalla valle del Sentino alle Chiuse franche, ed è
stato ricevuto dal giovane Carlo Magno a Campum Longum.
Le chiuse si chiamano ancora così: San
Vittore delle Chiuse e c’è Campo Lungo nella frazione Burella di Morrovalle sopra
San Claudio.
Dobbiamo anche notare che c’è sempre una
confusione tra la Francia
di oggi, che si è chiamata Gallia fino all’anno mille, o anche più tardi, e la Francia di allora che era
ovviamente un’altra cosa.
Carlo
Magno chiamava la Francia
di oggi “Il Regno dei Franchi”. Non la Francia.
Vediamo un secondo viaggio papale.
Papa Leone iii ha trascorso il Natale 804 con Carlo
Magno a Querzy, ufficialmente nel Nord della Gallia. In realtà i testi
medievali in Latino non dicono Querzy, ma Villa Carisiaca.
Secondo la
storia ufficiale, il papa fa 1.500
km a dicembre attraverso le Alpi con tutto il suo
seguito, passa una settimana con l’imperatore e ai primi di gennaio rifà lo
stesso viaggio in senso inverso.
I tre valichi maggiormente utilizzati erano: il Piccolo San
Bernardo (2.146 m),
il Moncenisio (2.083 m)
e il Monginevro (1.850 m).
Solo tenendo conto dell’altitudine, si capisce che in inverno erano chiusi.
Possiamo immaginare che cos’era
lo spostamento di una corte ecclesiastica in base alla contabilità di Ippolito
d’Este, che si trova negli archivi della città di Modena. Ippolito d’Este era
il figlio di Lucrezia Borgia (1479-1520), il che ci rimanda al xvi° secolo, ma Este non era papa, era
un cardinale.
Questa contabilità è stata
studiata dalla ricercatrice americana Mary Hollingsworth che ha scritto il
libro: “The Cardinal’s Hat”.
Si vede, conti alla mano, come si organizzavano
le trasferte delle corti ecclesiastiche e che cosa comportavano. I papi
viaggiavano con tutta la loro famiglia. I cavalli da montare, gli animali da soma
e il foraggio, il personale che si occupava degli animali, le guardie armate,
persone addette ai più svariati mestieri, il personale di servizio. Viaggiavano
con il loro guardaroba al completo e i loro sarti, tessuti, mobili ecc.. Per
non parlare del fatto che i papi erano accompagnati da cardinali che, a loro
volta, si spostavano con i loro collaboratori famigliari. Tutta questa gente
doveva mangiare e dormire.
Voglio menzionare un ultimo viaggio: quello della giovane Regina
Ildegarda che nel 773 venne a trascorrere il Natale con Carlo Magno, occupato
nell’assedio di Pavia. Ella veniva certamente dal Sud e non dal Nord, poiché
non avrebbe potuto attraversare le Alpi con il suo seguito.
La
conclusione che possiamo trarre da quanto esposto è che è molto dubbioso che
Carlo Magno avesse il suo palazzo, la sua capitale e il suo quartiere generale in
Aachen.
In effetti, questi non sono stati trovati.
Ci
chiediamo, poi, se si trovavano a Nord delle Alpi per le ragioni geografiche,
logistiche e climatiche che abbiamo considerato.
Dobbiamo
allora ricercare un territorio a Sud delle Alpi che corrisponda alle
descrizioni della letteratura altomedievale.
Un territorio corrisponde perfettamente a queste descrizioni: il Piceno.
Foto 8
(foto
de Moreau)
Ho un’ultima cosa da dirvi che entra nel discorso generale degli
studi che facciamo:
La
chiesa San Paolino di Falerone è stata riaperta al pubblico il 25 Aprile 2015, dopo decenni
di lavori di restauro.
Il coro è quadrato. Quando ho
fatto delle foto attraverso la finestra nel 2010-11, c’erano una tomba
importante su un lato e 4-5 sull’altro lato. La tomba importante potrebbe
benissimo essere la tomba della prima moglie di Carlomagno.
Con tutte queste tombe, non c’era posto per riti religiosi come la
messa. La navata è stata costruita 300-400 anni dopo il coro per trasformare un
mausoleo in chiesa, come è stato fatto da per tutto nelle Marche.
I mausolei sono stati trasformati in chiese o in
cripte sotto una chiesa costruita secoli dopo.
Io non ho il tempo di fare tutto. Chiedo
a volontari tra di voi di contattare il Comune. Sarebbe importante sapere
chi ha autorizzato i lavori, chi li ha pagati. L’architetto si chiama Evelina
Ramadori. Si DEVE chiedere di disporre all’entrata della chiesa cartelli con
foto dei restauri e spiegazioni, come è stato fatto a Rambona.
Impedite che vi distruggano la vostra storia, sotto i vostri occhi.
Fate un comitato di pressione. Pubblicate articoli nei giornali di
Macerata e chiedete testimoni e foto scattate attraverso la finestra che è
rimasta aperta per decenni.
Anch’io sono un testimone, ce ne sono altri nel
pubblico.
Fate le denuncie. Questo territorio è vostro.
Difendetelo!
Foto 9
(foto
de Moreau)