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martedì 10 gennaio 2017

La Steat e l’incredibile notizia che in inverno fa freddo



E già, il freddo in inverno è un evento imprevedibile, per cui se un meccanismo si inceppa perché fa freddo, tutto sommato, ci può stare. Anche se questo meccanismo inceppato fa viaggiare i ragazzi su un pullman a porte aperte e fuori, appunto, il freddo, talmente freddo da bloccare la porta. Anche se questo meccanismo inceppato mette a repentaglio le loro vite facendo viaggiare un pullman a porte aperte come fosse una giostra da luna park.
L’affermazione della Steat, pubblicata stamattina su Il Resto Del Carlino in risposta a quanto pubblicato ieri su L’Ape Ronza (che naturalmente si evita con cura di citare, non sia mai - leggi l'articolo) mi ha lasciato stupefatto, anche se c’era da aspettarsela: è la classica risposta della Steat. In sostanza si dice che il meccanismo della porta si è bloccato perché faceva troppo freddo. Beh, a dire il vero era freddo ma non queste temperature polari. Voglio dire: se a - 5° il meccanismo della porta si blocca, se si va a -15°, come accade in montagna, dove camminano le stesse corriere, che potrebbe mai succedere? SI smonta direttamente la porta?
Allora capiamoci: credo che col trasporto pubblico ci si stiano prendendo troppe libertà. Prima la libertà di far pagare quanto ci pare (a Montegranaro si paga più del dovuto, è stato riconosciuto, c'è stata un'interrogazione e una mozione di Marzia Malaigia, ma non si è posto ancora riparo con la santa benedizione del famoso assessore regionale Sciapichetti); poi la libertà di mandare in giro la gente, nella fattispecie i ragazzi che vanno a scuola, correndo rischi e prendendo freddo. Se un pullman si rompe in maniera grave, e una porta che non si chiude è una rottura grave, va fermato, non può viaggiare, deve arrivare un altro pullman e sostituirlo. E se i ragazzi arrivano a scuola con ritardo, pace. Semmai la Steat paga i danni. Ma dire che una porta che non si chiude per il freddo è normale, scusatemi, suona un po’ da presa per i fondelli.

Luca Craia

martedì 20 dicembre 2016

Buio pesto alla fermata studenti. Le strisce pedonali fantasma



Se vi capita di passare per la zona del grande incrocio di Santa Maria, a Montegranaro, la mattina presto, quando ancora il sole non è sorto, fate attenzione: ci sono decine di studenti in attesa della corriera per andare a scuola, solo che non si vedono. Non che i ragazzi si nascondano, tutt’altro. È che non c’è illuminazione, a parte un paio di sparuti quanto fiochi lampioncini da marciapiede. Credo sia piuttosto pericoloso che i ragazzi si muovano al buio: sono tanti, e il punto è molto trafficato anche alle 7,00 del mattino. Un paio di lampioni efficienti non guasterebbe.
Prendo spunto da questo per tornare sull’argomento, più volte toccato su queste pagine, degli attraversamenti pedonali montegranaresi. A Montegranaro attraversare la strada è roba da impavidi: le strisce sono spesso semicancellate, non sono quasi mai illuminate e segnalata adeguatamente e, in molti punti delicati, non ci sono proprio. Faccio l’esempio di Porta Romana, la strettoia, dove il pedone che proviene dal centro storico non ha alcun attraversamento, in un punto in cui le macchine sfrecciano in piena accelerazione dopo la ripartenza dal semaforo.
Del resto è anche vero che, laddove le strisce ci sono e in pieno giorno, quindi con gli attraversamenti ben visibili, è raro che l’automobilista si fermi e faccia passare il pedone e molte volte, se lo fa, il pedone rimane interdetto perché non ci è abituato. A Montegranaro manca l’educazione stradale, non c’è mai stata e non pare che ci sarà nei prossimi tempi, visti i dati che abbiamo pubblicato nei giorni scorsi sulle contravvenzioni. D’accordo non vessare i cittadini, come dice oggi Marco Pagliariccio sul Corriere Adriatico, ma bisogna anche proteggere quei cittadini che vanno a piedi. E bisogna educare gli ineducati: ne avremmo tutti giovamento.

Luca Craia                  

giovedì 26 maggio 2016

Renzi regala 500 euro agli studenti, anche a quelli stranieri



Un provvedimento inspiegabile, irragionevole, inutile a meno che non si pensi che sia l’ennesimo tentativo di acquistare qualche voto: il Governo Renzi destina 500 euro a ogni studente diciottenne residente in Italia, sia cittadino italiano che straniero. Che ci fa un diciottenne di questi 500 euro? Secondo il piano del Governo, i soldi verranno elargiti a fronte di spese per l’arricchimento culturale, quindi libri, teatro, cinema, musica e quant’altro possa essere inquadrato come educativo; tutto piuttosto vago, per ora, ma magari si spiegherà meglio nella fase attuativa.
Quello che non si capisce è perché si diano soldi agli studenti mentre si tolgono alle scuole. Non sarebbe più logico e sensato investire nel sistema scuola piuttosto che dare soldi a pioggia? Il sospetto è che, dato il referendum costituzionale di ottobre, Renzi voglia, ancora una volta, comprarsi qualche voto regalando soldini come aveva fatto per i famosi 80 euro. E li regala proprio ai diciottenni, ossia a coloro che, quest’anno, voteranno per la prima volta. Guarda caso.
Mons. Nuncio Galantino
Questo sospetto è venuto a molti, anche a Monsignor Nunzio Galantino, Segretario Generale della CEI, che ha mosso proprio questa critica al Governo: si danno soldi soltanto agli studenti con diritto di voto. Peggio: Renzi cerca di salvarsi la faccia e di non inimicarsi la CEI ed estende il bonus anche agli stranieri, che non voteranno ma fanno tanta immagine. Ecco quindi che qualche ulteriore milione di Euro se ne va con leggerezza. La CEI è contenta, Renzi pure, i diciottenni non ci possono credere e noi paghiamo.
Perché il punto è questo: il provvedimento non serve a niente. Non aumenterà la cultura dei nostri ragazzi, per quello dovrebbe pensarci prima la scuola ma, vista l’inefficienza generale del nostro sistema scolastico, non sarà che renderemo più dotti gli studenti con 500 miseri euro a testa. Però costa, e costa ancora di più perché, se almeno per gli studenti italiani i soldi sono i nostri e restano nostri, con gli stranieri il discorso cambia: investiamo su persone senza la certezza di un ritorno economico, senza sapere se la cultura che questi ragazzi acquisiscono oggi sarà poi messa a disposizione del popolo italiano che l’ha pagata o se ne andrà con loro in chissà quale angolo del mondo. Vivessimo tempi di vacche grasse sarebbe una bella filantropia, ma qui le vacche muoiono di stenti e questi gesti magnanimi sarebbe bene risparmiarseli.

Luca Craia