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sabato 18 aprile 2015

Stranieri e contributi assistenziali. Non ce li possiamo più permettere.



Tornando sul tema dei diritti e dei doveri degli stranieri in Italia, vorrei toccare la questione dei contributi che, più o meno saltuariamente e in maniera definita “straordinaria” vengono assegnati a immigrati in difficoltà economica. Mi ha fatto riflettere la lettura di una determina del Comune di Montegranaro, pubblicata sull’albo pretorio online, che assegna un “contributo straordinario a soggetto in situazione di indigenza”. Posto che la solidarietà sociale è un segno di civiltà e che, quindi, l’ente Comune che si fa carico di questi interventi a sostegno di chi ha problemi va elogiato, la mia riflessione parte dal fatto che il beneficiario del provvedimento sia un cittadino straniero.
Se in tempi floridi la solidarietà verso l’ospite (perché di questo si tratta quando parliamo di cittadini stranieri in Italia con permesso di soggiorno), oggi costituisce un lusso che credo non possiamo più permetterci. Così come non possiamo più permettere che cittadini non comunitari mantengano il permesso di soggiorno anche quando non esiste più il presupposto logico per cui gli dovrebbe essere rilasciato: il lavoro.
Uno straniero che viene nel nostro Paese chiedendo un regolare permesso di soggiorno lo fa per un motivo, che può essere studio, lavoro o quant’altro. Quando il motivo della sua permanenza viene a meno, come nel caso del lavoro, non vi è più ragione per cui egli debba rimanere in Italia. Il cittadino straniero che perde il lavoro non deve essere oggetto di provvedimenti di sostegno sociale ma deve avere revocato il permesso di soggiorno, mentre i sussidi di sostegno sociale vanno indirizzati ai cittadini italiani. Come ho avuto già modo di illustrare, ritengo che, se oggi vi sono ancora dei sostegni per i cittadini in difficoltà, lo dobbiamo ai cittadini italiani che, per generazioni, hanno costruito, col loro sacrificio, lavoro e con le loro tasse, quanto oggi abbiamo. È quindi una questione di giustizia che eventuali sostegni siano diretti prima ai cittadini italiani. Nella fattispecie non credo sia dovuto alcun sostegno a chi non dovrebbe soggiornare nel nostro Paese essendo venuto meno il motivo del suo soggiorno.

Luca Craia

martedì 14 aprile 2015

Sussidi pubblici: prima agli Italiani



Quando si toccano certi argomenti si rischia sempre di essere additati come razzisti o xenofobi. La cosa mi interessa poco in quanto non mi curo troppo della mia popolarità e anche perché la mia storia personale parla per me e certamente chi mi conosce mai penserebbe di accusarmi di xenofobia. Però, a causa di questo imperante perbenismo ipocrita, comunemente definito “correttezza politica” (per non citare l’orrendo anglicismo “political correct”), di solito ci si schiera in due comparti stagni che sono entrambi lontani dalla realtà: quello che equipara i diritti dell’immigrato in tutto e per tutto a quelli degli Italiani e quello che affonderebbe di buon grado i barconi dei profughi con tanto di bambini. Come sempre non esistono solo il bianco e il nero ma una infinita gradazione di colori ed io, reputandomi essere pensante, preferisco pensare muovendomi tra i colori piuttosto che dipingermi di bianco o di nero per essere ben accetto.
Posto che tutti gli esseri umani hanno gli stessi diritti, sulla qual cosa penso dovremmo essere tutti concordi (anche se non è così), per quanto riguarda, all’atto pratico, l’attribuzione di questi diritti a livello sociale ed economico mi sento di fare delle distinzioni. Nella fattispecie penso ai tanti sussidi erogati dallo Stato italiano a cittadini stranieri che, spesse volte, non spettano ai cittadini italiani. Penso, ancor più nello specifico perché è cronaca recente, alle assegnazioni degli alloggi popolari: non sono affatto d’accordo che le graduatorie siano redatte mettendo sullo stesso piano italiani e stranieri.
Tutti hanno diritto a una casa. Non per questo chi non ha casa ha il diritto di prendersi la tua. Ora immaginiamo che la Nazione Italia sia la nostra casa. Questa casa è stata costruita col lavoro e il sacrificio nostro, ma anche dei nostri padri e dei nostri nonni. Se oggi questa casa ha dei servizi è perché questi servizi sono stati realizzati con il lavoro, il sacrificio, le tasse degli Italiani nel tempo. Credo sia giusto che chi ha di più sia disposto all’aiuto di chi ha di meno. Ma non credo che sia giusto che chi ha costruito la sua casa, o almeno ne ha contribuito alla costruzione, sia messo sullo stesso piano di chi, invece, non ha fatto nulla.
Per questo ritengo che per l’assegnazione di alloggi popolari (così come di altri sussidi sociali) sia necessario tenere conto della cittadinanza.  Nelle graduatorie, a parità di requisiti, il cittadino italiano deve avere maggior peso e questo peso deve variare anche in funzione della durata della cittadinanza, anche considerando le passate generazioni. Credo che sia una forma di giustizia sociale.

Luca Craia