Ha resistito
a più di un millennio di eventi avversi, tra guerre, assalti, intemperie e
terremoti. Ma oggi, il mulino fortificato del Chienti che risiede sul
territorio del Comune di Montegranaro che ne è proprietario, meglio conosciuto
come il torrione o, in dialetto, lo torrò, sembra non farcela più. Certo, gli
ultimi eventi sismici lo hanno indebolito enormemente ma quello che lo sta
uccidendo è l’incuria e l’oblio. Se nei secoli il manufatto ha subito mille
avversità, però è stato sempre curato, tutelato, rimesso a posto dai i danni
subiti. Oggi, invece, nessuno mostra più interesse, nessuno se ne cura, tanto
da ridurlo a poco più di un rudere, addirittura pericoloso per i passanti,
considerando che, accanto, ci passa una strada molto trafficata.
È preziosissimo,
lo torrò. Lo è per la storia, un manufatto antichissimo, probabilmente
precedente all’anno 1000, che ha difeso e sfamato i Montegranaresi durante le
guerre e gli attacchi dei nemici. Lo è anche per le potenzialità inespresse,
quelle che Gianni Basso aveva intuito quando lo acquistò, negli anni ’90,
mentre era Sindaco per farci una sorta di fattoria didattica e di polo
culturale. Bella intuizione che, però, non ha avuto seguito. E da lì l’abbandono
progressivo fino al giorno d’oggi in cui gli Amministratori di Montegranaro sembrano
ignorarne persino l’esistenza. Chissà se qualcuno è andato a verificarne lo
stato strutturale dopo il terremoto. Chissà.
Certo che a vederlo
si stringe il cuore. Pare un vecchio guerriero morente, lasciato solo nel
momento più duro, abbandonato a morire sul campo di battaglia deserto. Eppure
avrebbe ancora un enorme valore per la collettività, soprattutto ragionando
sull’intera area, collegandolo idealmente al parco fluviale poco distante, anch’esso,
però, abbandonato a se stesso. Sono pessimista e mi sto preparando al peggio.
Ma veder crollare piano piano questo nobile gigante di mattoni e pietra mi pare
un insulto alla memoria, alla storia e all’intelligenza. E fa rabbia.
Luca
Craia