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domenica 22 gennaio 2017

E improvvisamente San Serafino si ammala. È ora che qualcuno si svegli.



“Aspettiamo il responso del sopralluogo, quando sarà” dice la Sindaca di Montegranaro, Ediana Mancini, al Corriere Adriatico a proposito della situazione della chiesa di San Serafino. Stamane il quotidiano locale ritira magicamente fuori dal cilindro un problema che finora pareva non esistesse tranne per la solita Cassandra-Giovannifarina che è L’Ape Ronza, che già dallo scorso agosto va dicendo, inascoltata, che la chiesa ha problemi seri. Ora il Corriere Adriatico, finalmente, suona la sveglia tirando fuori cifre, magari un po’ a caso, che potrebbero anche essere reali, visto che i lavori di messa in sicurezza, iniziati ormai vent’anni, fa non sono stati mai ultimati e che il terremoto non ha certo contribuito a sistemare le cose.
Quello che, però, è stupefacente (ma neanche tanto, ci stiamo abituando) è l’atteggiamento attendista e superficiale dell’Amministrazione Comunale che dallo scorso agosto ha sempre negato che ci fosse una situazione di pericolo per la chiesa, riaprendola subito dopo le prime scosse, quando già erano evidenti i nuovi danni. Solo dopo le scosse di ottobre, quando i calcinacci caddero in testa ai fedeli durante una funzione, si capì, vivaddio, che forse sarebbe stato il caso di chiudere il tempio. Ma verificarne lo stato no, quello spetta alla protezione civile. È come se voi aveste un danno serio a casa vostra e aspettaste che a valutarvelo sia chi ve lo deve risarcire, non facendo, intanto, una perizia di parte. Il Comune ha un ufficio tecnico con tecnici preparati: perché non fa una valutazione e una stima del danno? Che si aspetta?
Rimane la questione di dove si prenderanno i soldi. I danni sono sì del terremoto ma non solo. È difficile pensare a un finanziamento pubblico che copra tutti i costi di una ristrutturazione completa. Le casse del Comune sono vuote, perché i soldi che ci sono servono per progetti strampalati come quello di viale Gramsci o per palestre che possono attendere. Così mi pare evidente che la faccenda si ingarbugli, intrecciandosi con gli altri edifici pubblici danneggiati per i quali bisognerà fare qualcosa ma nessuno ha la minima idea di cosa. Questa volta temo che il centro storico di Montegranaro morirà sul serio.
                                      
Luca Craia

giovedì 22 dicembre 2016

Torna il Presepe Vivente a Montegranaro. Il 26 al Campo Boario.



È molto ridotto rispetto alle edizioni precedenti, ma anche quest’anno a Montegranaro il Presepe Vivente ci sarà. Le associazioni aderenti all’Ente Presepe, come si ricorderà, a causa del terremoto hanno reputato troppo rischioso allestire la rappresentazione nel centro storico come ormai è tradizione, soprattutto perché, tutt’ora, non si ha un quadro preciso della situazione e della sussistenza di rischi reali. Quindi, onde evitare pericoli, si è deciso di soprassedere per quest’anno. Ma l’Ente Presepe non ha voluto far passare le Feste senza un qualcosa che riunisca e scaldi il cuore di Montegranaro, così, anche grazie alla ditta Caminonni che ha messo a disposizione il locale adiacente l’area, il Presepe ci sarà.
Sarà piccolo, solo la Natività vivente, ma sarà festa lo stesso. Il 26 Dicembre, Santo Stefano, presso i giardini del nuovo Campo Boario, sotto il Campo dei Tigli, i Montegranaresi troveranno la Capanna con dentro Gesù, Giuseppe e Maria, interpretati dai volontari delle Associazioni montegranaresi. Ci sarà il coro Quelli che Non solo Gospel a fare da sottofondo con il suo canto celestiale, anche alla Santa Messa prevista per le ore 16.30, che aprirà la festa. Ci saranno dolci di Natale e tanto calore.
Sarà un’occasione per ritrovarsi e farsi gli auguri, per fare festa e sentirsi comunità. Il Presepe Vivente, negli anni passati, è stato un formidabile collante per i Montegranaresi, che si sono ritrovati a collaborare gomito a gomito per un obiettivo comune, dimenticando dissapori e differenze. Anche quest’anno, seppure l’impegno è ridotto, il clima è lo stesso. Si lavora insieme, ci si sente parte di una Comunità. Almeno a Natale. E Natale è anche questo.

Luca Craia