È passato più
di un mese da quando il vicesindaco montegranarese, Endrio Ubaldi, e il fido
scudiero Paolo Gaudenzi annunciavano a mezzo stampa che finalmente avrebbero
messo mano all’annoso problema del lavatoio di via Martiri d’Ungheria,
meritandosi il plauso dei residenti e anche mio che, da anni, ne denuncio lo
stato di degrado architettonico e sociale. Questo bello scorcio di paese,
costruito a cavallo tra il XIX e il XX secolo per dare un luogo dove lavare la
biancheria alle donne di Montegranaro, in epoca moderna era naturalmente caduto
in disuso e stava sparendo ingoiato da una scarpata piena di erbacce.
Nei primi
anni 2000 il Consiglio di Quartiere del centro, presieduto da Uliano Damen e
con me vicepresidente, presentò al Sindaco Gianni Basso un’istanza di
ristrutturazione dell’area. L’istanza venne accolta, si reperirono i fondi
necessari e si risanò l’intera area creando uno spazio molto bello e
recuperando un pezzo di storia. Negli anni successivi, però, il lavatoio veniva
progressivamente dimenticato dalle amministrazioni comunali che smisero di
farvi manutenzione. Nel contempo, anche a causa della sua posizione defilata e
nascosta, diventava un luogo di ritrovo di giovani teppistelli che, a tutt’oggi,
lo frequentano per operazioni per niente pulite, creando un grave disagio ai
residenti nell’area circostante.
Proprio i
residenti, con una lunga serie di lagnanze presso il Comune, sembrava fossero
riusciti a smuovere qualcosa donde la dichiarazione del Vicesindaco. Secondo
Ubaldi, infatti, si sarebbero dovute installare delle telecamere facenti parte
del sistema di videosorveglianza comunale per dissuadere i teppistelli nel
continuare a degradare l’area. Pareva cosa fatta, visto che si trattava solo di
cablare l’impianto e installare le apparecchiature.
Solo che,
dopo un mese, non si è fatto ancora nulla e la situazione è sempre quella:
degrado, disagio, sporcizia. Sarebbe stato meglio, allora, andare sulla stampa
a cose fatte e terminate oppure non andarci affatto. Così sembra l’ennesima
presa per i fondelli.
Luca
Craia