Il centro
storico di Montegranaro è un luogo triste. Lo è da tempo, dopo essere stato un
posto dove vivere bellissimo, pieno di vita e vitalità, tanta brava gente,
solidarietà, amicizia, spirito di comunità. Da diversi anni non è più così: il
castello del paese si è spopolato e, piano piano, è stato dimenticato dai suoi
ex abitanti che oggi vivono in zone più comode ma certamente non più calde e
accoglienti.
È diventato
un posto triste, dove echeggiano lontane le grida dei bambini di un tempo,
bambini che calciavano palloni sgonfi tra i vicoli ombrosi o rincorrevano l’Ape
Piaggio dello “sformatore” che veniva a consegnare ai vari piccolissimi
laboratori calzaturieri artigiani. Non ci sono più i profumi della vita, del
sugo buono, della carne alla brace cotta nel caminetto, gli odori pieni di
promesse dei tanti piccoli negozi di alimentari, o il profumo di pulito che
veniva dalle porte lasciate aperte, nel gesto naturalmente accogliente di
attendere il vicino senza che questi dovesse bussare o suonare campanelli,
attirato dal profumo del caffè. Mancano le voci delle donne che chiacchierano
nel più antico social network della storia, degli uomini che discutono di sport
o di lavoro.
Ora ci sono
gli odori di marcio provenienti dalle cantine chiuse e abbandonate, ora c’è il
suono assordante del silenzio, il buio di lampioni rotti e mai più riparati e
il rumore di una macchina che ogni tanto passa. C’è ancora vita nel centro
storico, ma è una vita appoggiata, di passaggio, una vita in una casa che non
senti più tua. C’è gente che si incontra e non si parla anche perché è
difficile capirsi, c’è lo sguardo diffidente del vicino e la sua porta chiusa a
chiave, col campanello e la telecamera per vedere chi è.
E poi è
arrivato questo ultimo Natale, un Natale buio, fatto di oscurità aggravate dall’insipienza,
dalle vibrazioni vicine della terra che trema che hanno tolto anche l’ultimo
momento di comunità tra le mura del paese antico, quel presepe vivente che
quest’anno si è fatto altrove, piccolo, diverso. Un Natale senza chiese, senza
festa, senza gente che viene a messa e a prendersi un punch al mandarino. Un
paese scuro, pieno di fantasmi, dove i ricordi, da dolci e malinconici
diventano dolorosi, dove la nostalgia lascia posto alla rabbia di chi ha amato
quel posto e lo vede trattato così, come un luna park abbandonato, tra i
cigolii delle giostre arrugginite e lo squittio di un topo grasso e felice.
Questo era
il centro storico di Montegranaro il giorno di Santo Stefano, passando per
corso Matteotti con le luci rosse e piazza Mazzini con le luci che non c’erano,
con lampadari di finto cristallo, a testimoniare il nostro povero destino, a
pendere sinistri come in una danza macabra in un castello abbandonato persino
dagli spettri, davanti alle porte delle chiese chiuse, dei palazzi chiusi, in
mezzo a un silenzio che rompeva i timpani.
Luca
Craia