Con i nostri dati si commercia. Ci vendono e ci comprano come bestie, si scambiano le nostre informazioni per poi cercare di venderci ogni cosa, dalla telefonia alla corrente, dal gas ai servizi Google, dalle enciclopedie alle bambole gonfiabili, facendosi pacchi interi di fatti nostri sulla base di cosa acquistiamo al supermercato o di quali siti frequentiamo. E questo in barba alla tanto abusata parola, la “privacy”, per la quale ci fanno compilare montagne di scartoffie, mettere quintali di firme, logorare i mouse per cliccare sulle accettazioni che poi si traducono nel permesso di massacrarci la vita con telefonate inopportune e annunci via mail e sui social.
Le telefonate di telemarketing sono una piaga, un’autentica violenza che ci fanno. Arrivano a qualsiasi ora, qualsiasi cosa tu stia facendo, ti interrompono, ti costringono a smettere un lavoro, una mansione, anche un pensiero, un discorso, un ragionamento per cercare di propinarti qualcosa da comprare. E, in particolare, la violenza è maggiore quando la telefonata è muta. La telefonata muta non solo ruba il tuo tempo interrompendo la tua vita, ma lo fa senza avere la decenza di dirti perché. La telefonata muta, oltretutto, è ansiogena ed è causa di stress e di tensione.
Tutto questo è consentito, legalissimo, e c’è un mercato fiorente che prospera generando disagio alle gente, per tacere del modo poco chiaro con cui spesso vengono venduti servizi che poi si scoprono non corrispondenti a quanto offerto. È consentito dalla legge, e dobbiamo subire quest’angheria. E a me non pare normale per niente.
Luca Craia