Uno dei tanti danni che ha prodotto la politica di sinistra nella Regione Marche, forse il danno più grosso, è inquadrabile nella scelta di accorpare i presidi ospedalieri del territorio in un’unica struttura territoriale. Quanto questo sia stato scellerato lo ha dimostrato la pandemia, in particolare nella Provincia di Fermo, dove l’unico ospedale, sia per il covid che per tutto il resto, era il Murri che, ovviamente, è collassato. Ma che in questo modo la qualità della vita del paziente sia scaduta in maniera gravissima è evidente anche senza considerare il covid, con una sanità distante, scomoda, di dubbia efficacia, e con disagi pesantissimi per i cittadini, spesso costretti a rivolgersi a strutture distanti dalla propria abitazione, con tutte le difficoltà in caso di ricovero per i familiari dei pazienti. Vantaggi evidenti non se ne sono visti, se non economici, gli svantaggi non si contano.
Ieri il Consiglio Regionale delle Marche ha forse messo fine a questa concezione spaventosa della sanità, approvando un atto amministrativo, il n. 17, che modifica completamente la sanità regionale eliminando il concetto di ospedale unico territoriale. Si tornerà, almeno si spera, alla capillarità dei nosocomi e a quella umanità nel trattamento dei pazienti che si è persa chiudendo i vari presidi minori per concentrare tutto nei capoluoghi. Ovviamente quel che è fatto è fatto, per cui gli ospedali in costruzione, a quanto pare, saranno ultimati.
Il dubbio è sui tempi: quanto ci vorrà per tornare a una sanità territoriale più capillare? E non è che, nel frattempo, magari cambia di nuovo il vento e l’amministrazione, e si torna a rivedere il tutto? Il Pd ha votato contro, per qualche oscuro motivo, per cui non c’è una visione comune. Invece credo che serva un ragionamento condiviso sulla sanità, un ragionamento che impegni tutte le forze politiche su un progetto che poi non vada più toccato. Qui si tratta della salute e della vita dei cittadini, non di tagliare nastri come si è fatto fino a poco tempo fa.
Luca Craia