Comunità si fa anche e soprattutto conoscendo e riconoscendo le proprie radici. Montegranaro è una comunità antica, fondata su tradizioni che partono da molto lontano. Basti pensare che la produzione di calzature ha radici medievali e che nel 1865 già c’erano 200 addetti alla produzione di scarpe oltre, ovviamente, all’antica economia agricola. Per questo è importante il progetto del Museo delle Tradizioni, oltre ovviamente alla sua funzione nella nuova economia turistica che stiamo cercando di innescare, e per questo è stato importante realizzare l’Arco dei Soprannomi, il muro che racchiude la storia di Montegranaro narrata attraverso le sue famiglie storiche.
Ci sono soprannomi antichi su quelle piastrelle, nomignoli, tra l’altro spesso poco edificanti nella loro etimologia, che risalgono anche a tre secoli fa. Mi raccontavano in questi giorni Rita e Nicoletta della storia del soprannome Spuzzì, che derivava dai modi lascivi di un loro avo, o Lina de Maligno, che ricordava un aneddoto di un suo trisavolo, appassionato bevitore che andò a messa e, sentendo il prete nominare il Maligno, si alzò dal banco dicendo “presente!”. Ce ne sono tante di queste storie, alcune raccontate dal Gruppo Teatrale Montegranarese domenica scorsa in teatro davanti a un pubblico divertito e festante. Non le abbiamo raccolte tutte, solo quelle di chi ha risposto al nostro appello di tre anni fa e ce le è venute a raccontare, ma ci sarà sicuramente una seconda produzione, perché la storia di Montegranaro è lunga e piena di particolari.
Domenica è stato un bel momento di comunità. Tra le tante persone che sono venute alla cerimonia di inaugurazione e a teatro, moltissime si sono fermate a discorrere tra loro, raccontandosi le proprie storie di famiglia, e queste occasioni di incontro sono preziose per ricostruire una comunità sfilacciata come quella montegranarese. Quando questo poi avviene nel salotto del paese, nel suo cuore, lo scrigno che ne racchiude e rappresenta la storia, il centro storico, tutto ha un valore doppio, perché è la famiglia che si ritrova a casa. E infine tutto questo serve a ridare vita a quel centro storico per troppo tempo dimenticato, abbandonato a se stesso e a un oblio che non ha solo prodotto un degrado indicibile, ma ha anche snaturato la stessa comunità privata del suo cuore, delle sue radici, appunto.
Da anni mi batto per far tornare in vita il centro storico non per i suoi residenti ma per la comunità intera, perché il paese antico non è di chi ci vive ma è di tutti i Montegranaresi. E ci vogliono iniziative come questa perché la gente torni a viverlo, superando i pregiudizi e quella pigrizia di non poter arrivare dappertutto in macchina. Bisogna ridare vita e dignità al centro storico, che non può nemmeno essere un luogo pittorisco dove andare a fare bagordi per poi lasciarlo di nuovo all’oblio e più sporco di prima. Va rispettato, amato, deve tornare a essere un posto da vivere e in cui vivere. Ci vorrà tempo per questo, ma il processo è iniziato e stavolta speriamo non venga interrotto, perché non c’è più tempo. Il tempo è questo.
Luca Craia