Non si può
ricostruire la storia di un paese, sia esso Montegranaro o Canicattì, solo
attraverso le fonti storiografiche. Leggere le carte è fondamentale, ma se non
si uniscono le informazioni ritrovate sui documenti storici con i risultati
delle ricerche archeologiche, si ha una visione parziale e si rischia di
ricostruire la storia in maniera errata.
Faccio l’esempio
della chiesa dei SS.Filippo e Giacomo, di cui siamo al corrente di tre diverse
edificazioni: la prima è quella che poi è stata intitolata a Sant’Ugo, la
seconda è datata al XVI secolo e la terza è quella che possiamo vedere
attualmente. Quindi abbiamo la presenza della prima edificazione e della terza,
la seconda è andata perduta. Se guardiamo le carte, i documenti, la
storiografia, tutto lascerebbe supporre che la chiesa cinquecentesca sia stata
inglobata da quella settecentesca, che l’avrebbe ampliata.
Ma se
leggiamo i mattoni, le pietre, se inseriamo nella ricerca anche i risultati dei
rilievi archeologici, ci accorgiamo che invece la chiesa era spostata più a
valle rispetto alla posizione attuale, e la possiamo individuare nel perimetro
della canonica. Questo lo possiamo affermare per la presenza di diverse pitture
murarie all’interno della casa stessa ma soprattutto per il ritrovamento di un
vano seminterrato che a tutti gli effetti risulta essere la cripta del tempio
intermedio.
Quindi la
chiesa settecentesca ha ampliato quella cinquecentesca nel senso che è più
grande ed estesa, ma nel ‘500 SS.Filippo e Giacomo e Sant’Ugo erano due unità
distinte. Solo nel 1760 l’antica chiesa di Sant’Ugo è stata inglobata dalla
costruzione della nuova chiesa diventandone la cripta, mentre la chiesa
cinquecentesca è stata adibita a canonica.
Tutto questo
lo possiamo stabilire unendo le informazioni storiografiche con quelle
archeologiche, procedimento senza il quale non si può ricostruire in maniera
completa la storia. Ecco perché è importante anche il lavoro di catalogazione
degli ipogei e del sottosuolo in generale che stiamo compiendo con Arkeo, il
Labirinto e il Cai di Fermo, un lavoro che ci ha già consentito di capire molte
cose.
Luca Craia