lunedì 8 febbraio 2016

L’integrazione insegnando l’arabo agli arabi



Dopo aver creato ghetti in cui hanno chiuso gli extracomunitari in modo che si integrassero benissimo, sì, ma tra di loro, dopo aver promosso incontri tra imam e sacerdoti per parlare di come potremmo essere tutti più buoni e integrare gli arabi tra noi, dopo aver promosso corsi di italiano per le donne marocchine in modo che possano integrarsi con noi, ora che si inventano quelli del Comune? Un bel corso di lingua araba destinato agli arabi.
l corso si terrà nei locali della scuola di pomeriggio. Sarà curato da arabi per gli arabi. La vigilanza spetta al personale del Comune, per cui la paghiamo noi (ma per la mensa c’erano problemi di personale). Poi, se durante il corso si parlerà di pace o di staccare la testa agli infedeli non lo possiamo sapere. Se si parlerà di come comunicare con gli Italiani o di come farli saltare in aria non ce lo dice nessuno. Certo è che questa cosa a tutto serve tranne che a integrare gli arabi con gli Italiani.
Infatti il Consiglio di Istituto aveva espresso parere contrario la prima volta che questa proposta era arrivata a scuola dal Comune, salvo poi votare a favore la seconda volta (nel giro di una settimana); un cambio di opinione che somiglia a una folgorazione sulla via di Damasco).
Pare che, in realtà, la cosa sia anche contemplata dal Miur e servirebbe a non far perdere le radici culturali agli arabi (che mi pare un problema che proprio non abbiamo) e che, per questo, il CDI non avrebbe potuto esimersi dal votare a favore. Ma se questo fosse vero non si capisce che lo si faccia votare a fare. Insomma: l’integrazione va in una direzione contraria, la logica pure e la democrazia ce la stiamo scordando. Progrediamo.

Luca Craia

sabato 6 febbraio 2016

E tanti saluti alla consulta delle associazioni.



Nella foto: il consigliere comunale Laura Latini, coordinatrice della consulta

Che la consulta delle associazioni servisse a poco se non a niente lo sapevamo. Del resto non era certo stata voluta dal Sindaco per fare il calendario. Lo scopo che la nostra Sindachessa si prefiggeva era ben altro: voleva prendere il controllo del mondo dell’associazionismo. Purtroppo per lei le associazioni non sono giocattoli e il suo piano si è sbriciolato davanti alla volontà di autonomia delle associazioni, svuotando di ogni senso reale la consulta che è rimasta, appunto, solo per creare un calendario degli eventi e metterli insieme su un manifesto. Così le riunioni, che vengono convocate con cadenza mensile, sono diventate inutili, un modo per prendere un po’ di freddo la sera, visto che, per fare un calendario degli eventi, basterebbe un giro di telefonate o di email.
Poi è arrivato Giacomo Beverati che ha convocato le associazioni per concordare un progetto per Veregra Street. Solo che ne ha convocate solo alcune, secondo una logica che non si è ben capita, che va da chi ha allestito lo stand l’anno scorso e chi potrebbe allestirlo quest’anno. In sostanza molte associazioni non sapevano nemmeno di questo incontro. A parte che ci si potrebbe rimanere un po’ male quando l’assessore alla cultura decide al posto tuo se puoi o non puoi partecipare a un evento che coinvolge tutto in paese, il dato essenziale è un altro: questa mossa di Beverati ha definitivamente delegittimato la consulta delle associazioni.
Era quello, infatti, il luogo deputato per trattare la questione coinvolgendo tutte le realtà associative. Naturalmente chi non fosse stato interessato avrebbe declinato l’invito, ma si sarebbe data, in questo modo, la possibilità a tutti di partecipare, sapere, decidere, anziché magari inserirsi in un secondo tempo in un progetto concordato tra pochi. Del resto è questa la modalità operativa della giunta Mancini: si decide in pochi, oligarchicamente, e poi si fa finta di condividere la cosa. Nulla di nuovo, quindi. Solo il fatto che la Consulta, a questo punto, non ha davvero più ragione di esistere. Il calendario continuiamo a farlo ma per telefono, senza costringere la gente a uscire di casa col freddo che fa la sera.

Luca Craia

venerdì 5 febbraio 2016

L’architetto fa le case partendo dal tetto



Vorrei entrare nella testa dei nostri amministratori e capire, se fosse possibile, quali strambi meccanismi mentali li porta a investire in qualcosa che non c’è. Vorrei capire il nostro assessore al centro storico come ragiona quando pensa di investire nella promozione turistica di un paese che non è visitabile dai turisti se non in minima parte. Vorrei capire come pensa di portare i turisti che vanno a Rimini a visitare Montegranaro, cosa crede di potere offrire e, qualora questi venissero, cosa gli farebbe visitare, come li accoglierebbe, quali servizi e infrastrutture penserebbe di mettere loro a disposizione.
Non ha davvero senso quello che stanno facendo con i nostri soldi presentandolo come promozione della città. Promuovono il turismo per cosa? Dove li portiamo i turisti, oltre che negli outlet e a Sant’Ugo? In un centro storico pericoloso? Promuovere il turismo significa puntare sull’economia a esso legata. Quale economia vogliamo legare al turismo in un paese senza centro storico, dove nessuno penserebbe mai di aprire un’attività economica nel centro storico ridotto in questo stato.
Quindi? Quindi stiamo sprecando soldi, soldi che potrebbero essere investiti nella stessa direzione ma partendo dalle fondamenta, da quel centro storico che cade e che, al momento, non può certo essere attrattivo turisticamente. Rendiamocelo, e poi investiamo in promozione. Per fare le case, l’architetto dovrebbe saperlo, si parte dalle fondamenta, non dal tetto.

Luca Craia