martedì 9 febbraio 2016

L’amministrazione fa i progetti. Ma chi li paga? E intanto i soldi dell’immondizia se li prende la ditta.



Grande profusione di progetti da parte dell’amministrazione Mancini. Ogni tanto ne tirano fuori uno e, una volta presentato, puntano a realizzarlo in barba alla cittadinanza che, magari, non gradisce affatto. Ma i progetti costano, anche se loro non lo dicono. Costano almeno il 2% del loro valore, se realizzati all’interno delle strutture pubbliche, e di più se stilati da privati. Il bello è che, spulciando l’albo pretorio, non si trova traccia delle delibere con le quali si incarica qualcuno, sia esso un dipendente del Comune o della Provincia, di redigere questi progetti. Questo è piuttosto strano.
Il progetto per l’Ecocentro, poi, è fantastico. Come ha opportunamente evidenziato il Movimento 5 Stelle, stiamo buttando alle ortiche una bella risorsa che avrebbe potuto far risparmiare al nostro Comune e, conseguentemente, alle tasche dei cittadini, un bel po’ di quattrini. Invece che si fa? Regaliamo tutti i proventi della gestione dei rifiuti, in particolare quelli speciali dove si trovano, per esempio, metalli preziosi che vengono pagati profumatamente, alla ditta che ha vinto l’appalto, ricevendo in cambio la sistemazione del piazzale. Un bel progetto, non c’è che dire, ma ci costa un po’ troppo, mi pare, con i mancati incassi dello smaltimento che si aggiungono a circa sei milioni di Euro di costo totale dell’appalto. E il progetto non si sa chi lo paga, ma alla fine è il problema minore.

Luca Craia

Razzista sarà lei



Quando mi si dà del razzista mi si offende profondamente, per la mia storia e per il mio essere uomo. Oggi, però, essere accusati di razzismo è semplice, basta non allineare il proprio pensiero a quello massificato e massificante voluto dal vero regime della finta sinistra, che ci vorrebbe tutti buoni, santi e con le case aperte agli stranieri solo per agevolare loschi traffici di un nuovo schiavismo sponsorizzato da Stati e Nazioni moderne. A questo punto preferisco tenermi l’epiteto piuttosto che adeguarmi alla massa. Ma voglio spiegare perché.
Sono per l’accoglienza. Nel senso che ritengo sia giusto che chi più possiede debba aiutare chi ha difficoltà pesanti. Aiutare, però, non significa rinunciare a se stessi e a ciò che si possiede. Non significa certamente rinunciare alla propria cultura per rispetto di chi viene ed è ospite. E non significa togliere sostanze alla propria gente per darne a chi ospitiamo. Questo è quello che sta accadendo oggi in Italia. Questo è razzismo e genera razzismo.
Oggi in Italia lo straniero in difficoltà ha molte più probabilità di ricevere aiuto e sostegno di un Italiano in difficoltà e questo non è giusto. Non solo: è pericoloso. Paradossalmente danneggia lo straniero. Genera risentimento e un risentimento motivato che viene diretto verso lo straniero e non verso chi legifera sbagliando. Ma il problema non è soltanto relativo al trattamento sociale, ma coinvolge numerosi aspetti del vivere civile rendendo difficile la convivenza.
Mancanza di controlli, agevolazioni economiche e disparità di trattamento sono solo parte del problema. C’è la questione legata all’identità culturale, dove la politica che si sta adottando sta andando nella direzione di sacrificare la nostro a favore di quella degli altri. Così assistiamo alla creazione di corsi di arabo per arabi dai quali sono esclusi gli Italiani, a iniziative che costano tempo, impegno e denaro per promuovere l’integrazione ma che provengono sempre e solo da una direzione, la nostra. Siamo preoccupati per l’integrazione razziale mentre i nostri ospiti non se ne preoccupano affatto perché, in realtà, non gli serve, stanno bene così.
Questo è razzismo, perché crea davvero spaccature serie e difficilmente sanabili. È un razzismo di stato, mascherato da buonismo, che se da una parte aiuta lo straniero, dall’altra lo danneggia pesantemente, impedendogli la vera e reale integrazione che passa attraverso l’adeguamento dell’ospite alle regole della casa ospitante e non viceversa.
Creare case popolari che diventano ghetti è razzismo. Lasciare che le aziende cinesi facciano concorrenza sleale a quelle italiane è razzismo. Creare iniziative a sostegno delle famiglie straniere e niente per quelle italiane è razzismo. Aprire le scuole per fare corsi di arabo mentre per gli Italiani non c’è nemmeno la possibilità di usare gli impianti sportivi pubblici è razzismo. Aprire le porte del nostro Paese a una immigrazione incontrollata solo per lucrarci sopra con la santa benedizione dello Stato è razzismo. L’integrazione passa solo attraverso l’assoluta parità, ma con bene in mente che le regole debbono essere di chi ospita e non dell’ospite.

Luca Craia

lunedì 8 febbraio 2016

L’integrazione insegnando l’arabo agli arabi



Dopo aver creato ghetti in cui hanno chiuso gli extracomunitari in modo che si integrassero benissimo, sì, ma tra di loro, dopo aver promosso incontri tra imam e sacerdoti per parlare di come potremmo essere tutti più buoni e integrare gli arabi tra noi, dopo aver promosso corsi di italiano per le donne marocchine in modo che possano integrarsi con noi, ora che si inventano quelli del Comune? Un bel corso di lingua araba destinato agli arabi.
l corso si terrà nei locali della scuola di pomeriggio. Sarà curato da arabi per gli arabi. La vigilanza spetta al personale del Comune, per cui la paghiamo noi (ma per la mensa c’erano problemi di personale). Poi, se durante il corso si parlerà di pace o di staccare la testa agli infedeli non lo possiamo sapere. Se si parlerà di come comunicare con gli Italiani o di come farli saltare in aria non ce lo dice nessuno. Certo è che questa cosa a tutto serve tranne che a integrare gli arabi con gli Italiani.
Infatti il Consiglio di Istituto aveva espresso parere contrario la prima volta che questa proposta era arrivata a scuola dal Comune, salvo poi votare a favore la seconda volta (nel giro di una settimana); un cambio di opinione che somiglia a una folgorazione sulla via di Damasco).
Pare che, in realtà, la cosa sia anche contemplata dal Miur e servirebbe a non far perdere le radici culturali agli arabi (che mi pare un problema che proprio non abbiamo) e che, per questo, il CDI non avrebbe potuto esimersi dal votare a favore. Ma se questo fosse vero non si capisce che lo si faccia votare a fare. Insomma: l’integrazione va in una direzione contraria, la logica pure e la democrazia ce la stiamo scordando. Progrediamo.

Luca Craia